
Francesco è stato un papa politico? «No, è stato un Papa spirituale», risponde Paolo Ruffini, 68 anni, ex direttore di RaiTre, cronista politico di prima fila negli anni '80, figlio d'arte (suo padre era ministro), nipote d'arte (suo zio era il celebre cardinale di Palermo), fratello d'arte (Ernesto Maria, prodiano, ex direttore dell'Agenzia delle Entrate, è in corsa per la leadership del campo largo). Lui oggi è prefetto del dicastero della comunicazione del Vaticano.
Lei nella sua vita si è sempre occupato di comunicazione, e quando ha diretto RaiTre ha cercato di innovare. Questo Papa ha cambiato la comunicazione della Chiesa?
«Ogni Papa a suo modo ha modificato la comunicazione. Adattandola a se stesso e al suo tempo. Papa Francesco ha avuto uno stile comunicativo sorprendente. E il suo stile ha modificato profondamente tante cose. Però a me riesce difficile usare il termine cambiare...».
Perché?
«Papa Francesco è tornato allo stile comunicativo evangelico, Gesù privilegiava il contatto personale. L'incontro guardandosi negli occhi».
Papa Francesco ha ignorato la modernità?
«No. Tutt'altro. Era ben consapevole di come questo stile avrebbe avuto un impatto nell'era del digitale. Pensava al digitale, però non usava tecniche di marketing digitale. Pensava alle persone, al loro cuore».
Gli incontri di folla non erano contatto personale...
«Lo erano invece, anche quando incontrava le masse. Dialogava con loro. Cercava comunque l'incontro. Il dialogo al posto del monologo. Quando si è affacciato al balcone del Gemelli ha individuato nella folla la signora Carmela col mazzo di fiori».
È una novità?
«Se leggiamo il Vangelo vediamo che anche Gesù faceva così. Si accorse anche di chi nella folla gli aveva toccato il lembo del mantello. E l'ultimo suo insegnamento di dialogo, di perdono, di misericordia - è nel colloquio col ladro crocifisso vicino a lui. Che sarà il primo a seguirlo in Paradiso».
Si dice che in questi ultimi mesi tanti gli consigliassero di non muoversi. Lui invece è stato in attività fino allo stremo delle forze.
«Ci ha detto che la vita va vissuta in ogni istante fino alla fine. Questa era la sua missione di successore di Pietro. E questo insegnamento riguarda ciascuno di noi: tutti invecchiamo, tutti ci ammaliamo, ma non ci si rassegna».
Che rapporto c'era tra lei e il Papa?
«Un rapporto filiale. Lui ha sempre lasciato liberi i suoi collaboratori. Ho sempre avvertito questo suo incoraggiamento paterno».
Le ha concesso autonomia?
«La comunicazione della Chiesa è la comunicazione della Chiesa. Non c'è una linea editoriale. Il nostro compito era quello di tessere la comunione attraverso la comunicazione. Comunione e comunicazione sono parole con la stessa radice. Sono sorelle».
Con la morte del Papa decadono tutte le cariche?
«Sì. Tutti i prefetti decadono».
Si ricorda quando Francesco l'ha chiamata?
«Una telefonata da un numero sconosciuto. Era il Papa. E mi convocava per un incontro. Quando ci siamo incontrati mi ha detto che cercavano un prefetto della comunicazione. E voleva valutare la mia candidatura. È stato un incontro unico nella mia vita».
È vero che in Vaticano era aperta una aspra lotta tra oppositori e sostenitori di Bergoglio? Che atmosfera c'era in questi ultimi anni?
«Questi racconti di guerre intestine sono sempre molto esagerati. È chiaro che in una comunità ci sono diversità di opinione. C'erano anche tra Pietro a Paolo. La Chiesa le risolve nella comunione, non ha gli stessi canoni della politica. Io ho fatto per tanti anni il giornalista politico. Applicare alla Chiesa le categorie della politica porta a una interpretazione distorta della Chiesa. Sbagliata. Papa Francesco parlava di armonia che nasce dalla disarmonia. Diceva che la Chiesa è un poliedro».
La Chiesa è un mistero?
«Sì. È un mistero. Non vive di luce propria. È un mistero per chi crede e per chi non crede. In 2000 anni sono crollate Nazioni, partiti, Imperi. La Chiesa no».
Perché?
«Perché la Chiesa ha un altro paradigma. Diverso da quello delle altre istituzioni. Io che credo dico che questo paradigma viene da Dio, dallo Spirito Santo. Chi non crede capisce che la Chiesa è una comunità molto speciale».
Bergoglio è stato un Papa diverso dai predecessori? Ha parlato fino alla fine di disarmo.
«No. Di disarmo parlavano anche i suoi predecessori. Basta rileggere la pacem in terris, di Roncalli, o ascoltare Giovanni Paolo, o il discorso di Paolo VI all'Onu».
Non era un Papa molto politico?
«Penso che sia una riduzione semplificatrice e non fedele».
Qual è l'aggettivo giusto per Francesco?
«Spirituale. E lo spirituale ha sempre una ricaduta politica. Ma ci sono stati Papi molto più politici di lui».
«Il Papa degli ultimi» hanno titolato molti giornali? Non sono degli ultimi tutti i Papi?
«Io penso che gli ultimi e i lontani hanno avvertito in Papa Francesco quella capacità comunicativa di cui avevano bisogno. Noi viviamo in una società di ultimi, anche se non li vogliamo vedere. Viviamo in una società nella quale pochi determinano le sorti del mondo, ma gli ultimi, o i lontani, sono moltissimi. Gli ultimi si sono fatti sentire. Il papa li ha ascoltati e ci ha parlato. E loro si sono detti: Questo Papa ci vede, di parla».
È riduttivo definirlo Papa degli ultimi?
«Sì. È il Papa di tutti. Ha parlato con tutti. Da Vance ai popoli della Papua Nuova Guinea, ai migranti, ai senzatetto. Con lo stesso spirito di Gesù».
Trump forse verrà ai funerali. Eppure Francesco era polemico con i governi occidentali...
«Ripeto: non possiamo adoperare le categorie della politica. Lui spiegava cosa vuol dire essere cristiani. Lui lo diceva anche scontentando da una parte e dall'altra. Non era polemica. La Chiesa non segue i sondaggi. La Chiesa offre messaggi scomodi e scandalosi. Ma entusiasmanti, affascinanti, belli».
Provo a fare a lei una domanda politica: avremo suo fratello Ernesto Maria alla guida del centrosinistra?
«E cosa c'entra? Che domanda è?». (Ride)
Il sacro e il profano non si mischiano?
«Ecco sì». (E ride ancora)
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