Marzio Fianese
La sinistra della maggioranza capitolina si schiera con DErme in barba alle decisioni della magistratura e chiede al sindaco Veltroni di interessarsi della sua questione con il ministro della Giustizia Mastella. Stiamo parlando del rifiuto del permesso lavorativo deciso alcuni giorni fa dal giudice Laviola. Il leader dei «disobbedienti» nonostante sia agli arresti domiciliari per una «spesa proletaria» nel novembre di due anni, infatti, è stato nominato consulente per le politiche abitative del gruppo di Rifondazione comunista al Senato anche se non può materialmente recarsi a palazzo Madama.
Da qui la conferenza stampa di ieri. Presenti i rappresentanti di Rifondazione ovviamente (con il vicepresidente della commissione Giustizia Daniele Farina, la consigliera capitolina Adriana Spera e i deputati Massimiliano Smeriglio e il leader dei no global napoletani Francesco Caruso), ma anche i Verdi (con il consigliere capitolino Figurelli e il capogruppo Bonesso), i Comunisti italiani (il capogruppo Fabio Nobile) e la Rosa nel Pugno (Gianluca Quadrana). A questi bisogna aggiungere il capogruppo dellUlivo Umberto Marroni («ma la mia è una testimonianza privata, non a nome del mio gruppo», è stata la sua strana precisazione). Tutti uniti per fare un appello a Veltroni e per affermare pubblicamente che «DErme è una risorsa per la città e non un problema». Il tutto perché, come chiesto dai «movimenti» cittadini, lattenzione su DErme e gli altri cinque disobbedienti agli arresti domiciliari e altri sei con obbligo di firma - in seguito a quello che loro definirono «esproprio proletario» in un ipermercato romano e la legge considera reato di concorso in rapina pluriaggravata - non si «spenga» durante il mese dagosto. Tra le ipotesi, la presentazione di una mozione da sottoporre allordine del giorno della prima conferenza utile dei capigruppo capitolini. È stato anche ipotizzato un «digiuno a staffetta» e la possibilità che molti municipi, a cominciare dallXI, possano chiedere al magistrato di avere DErme come consulente con conseguenti. Il giudice, secondo quanto riferito dai «disobbedienti», ha rifiutato permessi lavorativi in una cooperativa sociale a Giovanna Cavallo e come bagnino a Luca Blasi, entrambi agli arresti domiciliari. «Nel momento in cui il parlamento approva lindulto - ha detto Andrea Calzetta di Action - dallaltra si fanno processi contro le lotte sociali e a venti mesi dai fatti contestati gli arresti domiciliari si configurano come un accanimento giudiziario vergognoso».
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