Per Veltroni un girotondo di sfottò pure «Micromega» gli volta le spalle

«1. Uccello vivo che viene legato a un bastoncino o a una cordicella, per adescare altri uccelli; 2. persona che, all’interno di un gruppo, diventa bersaglio di scherno». È la definizione secondo vocabolario di «zimbello». Che a ben vedere calza a pennello anche a Walter Veltroni. Concluso il suo periodo di gloria, caduto il sogno di andare in Africa, l’ex leader Pd ha fallito nella missione di impedire la salita al potere del Cav e ormai viene sbeffeggiato da ogni parte. Da destra, dove il suo ma-anchismo mollaccione è da anni facile bersaglio di ironia; da Beppe Grillo che gli dà del Topo Gigio; dai compagni democratici, che gli rimproverano di tutto. E ora anche dal popolo antagonista di Micromega, che lo cinge in un girotondo di sfottò in un articolo giunto troppo tardi per finire nell’edizione cartacea della rivista, ma in tempo per essere pubblicato sul sito.
Stavolta, la ragione del crudele sarcasmo è il suo ultimo libro sulla tragedia calcistica dello stadio Heysel, Quando cade l’acrobata, entrano i clown. Per dare un’idea della divertente ferocia dei girotondini, la critica a questa «opera ardua e complessa che per essere compresa ha bisogno di tempo» - firmata da Marco Romanelli - si intitola «Veltroni: quando cade il politico acrobata entra lo scrittore clown». Segue foto di Uòlter perplesso con cappello da Pinocchio.
D’altronde si sa, le coltellate più dolorose sono quelle alle spalle. O quelle di chi teoricamente sta dalla tua parte, come il movimento di Flores d’Arcais, con il quale il vecchio Wal scendeva in piazza illo tempore. La lama, in questo caso, è affilatissima. Romanelli fa a pezzi il «monologo intimista» di Veltroni e lo mette in ridicolo. Gli abbassa i calzoni, lo sculaccia, gli tira il naso, gli pizzica le orecchie, gli fa i disegnini in fronte. Non risparmia lo stile, così nazionalpopolare da ricordare un mix tra Toto Cutugno («Scirea, con la sua faccia da italiano vero»), il Baglioni di Piccolo grande amore, Celentano e Torna a Surriento («Guarda Cabrini quanto è bello»). Si accanisce sul periodare franto, schianta l’intera sua anima buonista.
Veltroni è in una camera d’albergo con la moglie nuda che dorme, festeggiano i dieci anni di matrimonio: «E invece di una rovente scena di sesso - sorride Romanelli -, Walter si mette inopinatamente a pensare agli hooligans del Liverpool assetati di sangue». Vai a capire la creativa mente dell’ex sindaco di Roma. Che nonostante il candore esistenzialista si abbatte su un obiettivo. I veri colpevoli. Gli inglesi? No, i cavalli dei poliziotti belgi che si aggiravano terribili intorno allo stadio di Bruxelles durante quella infausta finale di Coppa Campioni: «“Improbabili”, “insulsi”, “attoniti” - si meraviglia Romanelli -: un accanimento che le povere bestie non meriterebbero». E noi che lo pensavamo buono ma anche animalista.
E si procede così, punzecchiando il povero Walter ormai alle corde che rivendica il suo «diritto di scappare, diritto di gazzella braccata» (e tra Veltroni e un impala c’è una bella differenza), smascherando la sua vergogna di giovane promesso sposo che corre a vedere la partita all’insaputa della fidanzata che vorrebbe andarsene in gita a Frascati e della suocera che odia il calcio. Un uomo medio che canta con gli amici in pullman e invece di godersela si ammorba nei sensi di colpa.
Riassumendo: Micromega giustizia Veltroni. E lo fa individualmente, senza appigli politici. Non è lo «stomachevole panegirico» dell’ex segretario per Craxi, né la sua «pavidità» sul testamento biologico, né tantomeno il suo «inciucio per omissione», tutte accuse veramente mosse da Flores d’Arcais. È un uppercut al volto della persona, delle sue velleità letterarie. Trapassati remoti i tempi delle battaglie comuni, del «bisogna assolutamente votare Veltroni» alle Politiche 2008. Sulla sentenza capitale di Micromega pesano le spalle voltate da Walter a Di Pietro e le critiche a piazza Navona.

E non sono servite le recenti piroette giustizialiste veltroniane in chiave anti-ddl intercettazioni. I girotondini non dimenticano. E concludono: «Questo libro è l’indice rivelatore della classe dirigente».
Non suona come un complimento.

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