Marco DeglInnocenti
da Monaco di Baviera
Tutti gli occhi puntati su Michael Ballack. Forse non cera bisogno dei due sigilli consecutivi firmati contro Norimberga e Hannover per lucidare gli ottoni del capitano del Bayern finito al centro dei giochi di calcio-mercato. Sono in molti a tentarlo, specie allestero, Real Madrid e Inter in prima fila. Spiegazione semplice: negli ultimi anni la Bundesliga ha decisamente perso peso tecnico e fascino. Specie sui campioni indigeni. Un declino sempre più evidente a partire da quel mondiale in Corea del Sud e Giappone del 2002, che aveva visto proprio Ballack grande protagonista per le prime sei partite della Germania, con tre gol, tra i quali quelli della vittoria per 1-0 sugli Usa e la Corea del Sud. Ma contro i coreani fu un suo fallo tattico a costargli la seconda ammonizione e l'esclusione dalla finale contro il Brasile, persa dalla sua squadra per 0-2. Da allora, Ballack, pur premiato come calciatore tedesco dell'anno nel 2002 e nel 2003, ha continuato a spaccare in due tifosi e critica. Il settimanale Der Spiegel lo ha definito «il prototipo del giovane calciatore viziato: troppo bello, troppo ricco, troppo elegante». Ma sempre lo stesso periodico gli ha anche riconosciuto di essere «un calciatore capace di esprimersi con frasi che hanno un capo ed una coda e di sapere usare i congiuntivi».
D'altra parte Michael Ballack, nato il 26 settembre 1976 a Goerlitz, lungo il confine con la Polonia dell'allora Germania Est, figlio unico di una coppia di ingegneri, ha conseguito il diploma di maturità, con indirizzo in lingua e letteratura tedesca e storia. Buona cultura di base e notevole intelligenza. Ed una vita privata che non ha mai dato adito al ben che minimo pettegolezzo: dal 1998 sempre insieme con la stessa donna, Simone, conosciuta in un caffè di Kaiserslautern, che gli ha regalato tre figli. Le doti calcistiche per le quali i suoi tifosi stravedono si riassumono così: qualità di centrocampista sia difensivo che offensivo, padronanza assoluta di entrambi i piedi, probabilmente uno dei miglior colpitori di testa nel calcio europeo. Con quasi un metro e novanta di statura. Ed un grande dubbio, sempre calcisticamente parlando, per molti ancora irrisolto: se possa essere definito un vero regista in campo, o meglio ancora un leader completo, in grado di imprimere da solo e con continuità il suo gioco al resto della squadra. Un ruolo al quale peraltro lo ha destinato soprattutto la posizione ricoperta negli ultimi anni, tra Bayer Leverkusen e Bayern Monaco.
Perché lui da giovanissimo, nella squadra di quella città aveva giocato come centrocampista difensivo e libero. E gli ci volle del tempo per sfondare, anche quando riuscì ad approdare nella Bundesliga della Germania ormai riunificata. Prima nel Kaiserslautern (1997-1999), poi nel Bayer Leverkusen (1999-2001), faticò a mettersi in luce, complice anche un infortunio al ginocchio e due operazioni. Quando, nell'aprile del 2000, fu chiamato a sostituire un certo Emerson nel centrocampo del Leverkusen il settimanale sportivo Kicker titolò: Ecco il Panzer. Di lì a poco, però, una sua storica autorete contro l'Unterhaching privò il Bayer del titolo tedesco. Dopo il mondiale del 2002 il Bayern Monaco riuscì a strapparlo al Barcellona. E mentre colui al quale era stato predestinato il ruolo di regista, Sebastian Deisler, veniva tolto di mezzo prima dagli infortuni, poi dalla depressione, Ballack avanzava al ruolo di guida del centrocampo dei bavaresi, facendo dimenticare ai tifosi di Monaco un mostro sacro come Stefan Effenberg. Contribuendo con 10 gol al suo primo titolo con la nuova maglia. Di lì in avanti, nonostante conti oggi 206 presenze in Bundesliga e 61 reti, delle quali 10 già segnate anche in questa stagione, le luci si sono alternate alle ombre.
Lo stesso dicasi per la nazionale, dove è arrivato a 61 gettoni con 29 gol realizzati. Il rude ct Berti Vogts, che pure lo aveva fatto debuttare il 28 aprile 1999 a Brema contro la Scozia (0-1), non gli dette mai completa fiducia. Ci volle l'ex romanista Rudi Voeller perché diventasse titolare. Con Klinsmann, che lo ha addirittura nominato capitano al posto di Kahn, è ormai inamovibile.
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