Il Vietnam oggi: tanta voglia di oblio per la «vittoria»

«Cercano di diventare simboli in virtù dei propri cambi di rotta, adattandosi alla tendenza dell’Informazione a trasformare in collettivo qualsiasi sforzo di individualità, qualsiasi carattere che di per sé non avrebbe a che fare con il collettivo». Parlando di molti intellettuali del mondo occidentale, lo scrittore Gianluigi Ricuperati, nel suo libro Viet Now (realizzato insieme al fotografo Amedeo Martegani, Bollati Boringhieri, pagg. 150, euro 15) scarica questo giudizio fulminante, che illumina di una luce feroce tutto un microcosmo di comportamenti ai quali siamo così abituati da non posare più su di essi il nostro occhio critico e curioso.
Gianluigi Ricuperati appartiene a una generazione di scrittori, di cui il più noto è senza dubbio Roberto Saviano, che riprendono in parte i modi di quel filone che in America viene chiamato della «non-fiction», dove la rinuncia alla fabula intesa come creazione originale accentua, anziché attenuarla, una tendenza a fare della letteratura il cuore stesso della biografia dello scrittore. Vite che si ricostruiscono nell’esercizio di una scrittura - spesso esercitata online prima che su carta - che talora (come in Saviano) fa corpo con le vicende geografiche dello scrittore, mentre altre volte - secondo una maniera più americana - se ne discostano.
Ricuperati, scrittore non ancora trentenne, dopo un libro dedicato ai commerci d’immagini tra tanti soldati americani in IraK e un famoso sito porno, va in Vietnam per verificare lo stato attuale della memoria di un popolo che ha vinto la guerra più scritta, vista, filmata e parlata di sempre, per constatare il fastidio dei vincitori, dal vecchio eroe ridotto a fare l’attore di se stesso a pagamento (un po’ come l’apache Geronimo) fino a certe ragazze un po’ seccate perché, se il Vietnam avesse perso la guerra, a quest’ora sarebbe come la Corea del Sud. Perché si sa, questo comunismo è morbido, ma sempre comunismo è.
Lo scrittore ci comunica la propria inquietudine cercando di restituirci una diversità che, a dispetto della globalizzazione, resta enorme. Se gli scrittori orientali di oggi - a differenza dei Tanizaki e dei Mishima - sono tutti laureati a OxfOrd o al Mit, Ricuperati sembra andare in cerca della passata diversità. La memoria agisce, in Vietnam, a vantaggio dell’oblio. Essa è come una raccolta di cianfrusaglie destinate più ai turisti che ai locali, e spesso Ricuperati appare sfiorato dal sospetto che il nostro mondo, così apparentemente legato alle proprie memorie, sia in realtà la copia un po’ più ipocrita di quello.
La diversità dell’altro, con il fastidio che ci suscita, è spesso uno specchio crudele della nostra verità nascosta. Gli appannamenti del libro appartengono tutti all’ingenuità della scrittura, mai alla confusione delle idee. Anche le titubanze, in Viet Now, riflettono una titubanza essenziale che la scoperta della Diversità ingenera.


Il ritratto del mondo che esce da questo libro ricorda le periferie urbane, edificate da architetti perlopiù modesti, dove la memoria delle grandi scuole architettoniche si annacqua nella maldestra azione degli emuli. Viet now è un coraggioso libro sul nostro doloroso smarrimento.

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