Il Vigorelli per pregare? No dell’imam

Polemiche su viale Jenner. Boni attacca monsignor Bottoni: "La chiusura non è da fascisti, faccia il suo mestiere". De Corato: "Pronti anche dalla prossima settimana: basta il sì della comunità". Ma gli islamici chiedono una moschea a Crescenzago

Il Vigorelli per pregare? No dell’imam

Il Comune offre il Vigorelli (ma soltanto per la preghiera del venerdì), gli islamici rifiutano e chiedono una nuova moschea a Crescenzago, lì dove una volta c’era il cimitero. Tutto come previsto, il dialogo è già finito ancor prima di cominciare. E il progetto di spostare il centro culturale da viale Jenner è sempre più una chimera. E questo nonostante l’ordine del ministro dell’Interno Roberto Maroni che ha incaricato il prefetto Gian Valerio Lombardi di risolvere il problema entro la fine d’agosto. Domani è convocato il tavolo a palazzo Diotti, ma nel frattempo le posizioni si sono allontanate anni luce.

Palazzo Marino, per bocca del vicesindaco Riccardo De Corato, offre il velodromo per il culto del venerdì. Una moschea a tempo, la soluzione su cui il sindaco Letizia Moratti ha detto fin da subito di voler lavorare per risolvere il problema dei 4mila fedeli che ogni settimanainvadono marciapiedi e strade con i tappetini del rito. «Il Comune - spiega De Corato - è disponibile anche dalla prossima settimana a ospitare in una struttura gli islamici per la preghiera dalle ore 12 alle 16. Basta il sì della comunità islamica al Vigorelli e il problema di viale Jenner è risolto. E, automaticamente, anche quelli dei cittadini della zona».

Pronto il rifiuto dell’imam Hamid Shaari. «Adesso c’è troppa carne al fuoco - taglia corto - Non abbiamo capito niente di tutte queste offerte e controfferte ». Ma di una cosa è certo, «noi siamo cittadini milanesi e abbiamo diritto di culto dentro la città e non fuori». Come a dire che molto difficilmente sarà accettata la proposta di un luogo di culto solo per il venerdì. E che altrettanto decisamente sarà respinta l’idea di cercare in una zona isolata il terreno su cui costruire l’alternativa all’attuale centro culturale.

Se la comunità islamica accetterà la struttura per la preghiera - sottolinea DeCorato - allora lo spostamento da viale Jenner sarebbe privo di senso. Se invece la motivazione al trasferimento è che questo istituto, visto il passato, crea qualche problema d’ordine pubblico, allora la questione non riguarda il Comune ma compete al ministero dell’Interno». Come a dire che se la questione è l’occupazione dei marciapiedi per la preghiera, il Comune risolve con il Vigorelli. Se, invece, la paura è il terrorismo, allora è una faccenda da polizia e magistrati.

Sull’argomento interviene anche l’imam di Segrate Ali Abu Shwaima che ripesca il vecchio progetto della moschea a Crescenzago. «Lo abbiamo presentato - racconta - quando sindaco era Pillitteri. Ed è anche stato approvato dal consiglio comunale. Poi c’è stata Tangentopoli e non abbiamo più avuto un interlocutore». Il progetto c’è ancora, 6mila metri quadrati per unnuovo tempio. «Appena si saprà - prevedeDeCorato - nascerà subitoun comitato di cittadini contro la moschea. Il problemanon sipuò solo spostare, va risolto. Come a Segrate, dove gli islamici possono pregare sulla Cassanese, lontani dai centri abitati».

Il vicepresidente della Comunità islamica Religiosa (Coreis) e imam di via Meda Yahya Pallavicini replica che «le moschee a tempo e le cattedrali nel deserto non sono la soluzione». L’assessore regionale Davide Boni porterà al prefetto le proposte per spostare il centro in zone non abitate, come ad esempio aree dismesse anche fuori. «In città non c’è spazio per 4mila che pregano. A meno di non radere al suolo San Siro. Forse il presidente del centro islamico non ha capito che siamo in Italia e non a casa sua. E se anche fosse a casa sua, ci sono delle regole da rispettare e loro adesso non danno garanzie di vivere civile. Non è che perché sono in tanti si possono mettere a pregare in mezzo alla strada».

Pronta anche la frecciata a monsignor Gianfranco Bottoni, il responsabile delle Relazioni ecumeniche e interreligiose della diocesi che al Corriere ha dichiarato che «chiudere la moschea è da fascisti».

«Monsignor Bottoni non cada nelle strumentalizzazioni - attacca Boni. E faccia il suo mestiere. Quella di viale Jenner non è una questione religiosa, ma una parte del territorio fuori controllo, Neanche l’associazione del Milan, e io sono milanista, potrebbe starci a quelle condizioni».

 

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