Villa Piccolomini, lusso a caro prezzo

Giorno dopo giorno cominciano a venire fuori tutti gli «altarini» di Villa Piccolomini. La decisione del presidente della Regione Piero Marrazzo di farne la dorata sede di convegni e incontri pubblici a suon di centinaia di migliaia di euro (nonché di cene extralusso per pochi, fortunati, commensali) è la degna conclusione di una vicenda di sperperi che risale addirittura all’amministrazione Rutelli.
Ma andiamo con ordine. La Fondazione che gestisce Villa del Sole (questa la denominazione precisa) nasce nel 1943 in seguito alle disposizioni testamentarie del conte Niccolò Piccolomini. Obiettivo, costituire una casa di riposo per artisti drammatici che vivono in condizioni disagiate. Nei successivi sessant’anni, però, della casa di riposo non c’è ancora traccia. La Fondazione (che dagli anni Settanta è gestita dalla Regione), infatti, non avendo fondi sufficienti, si è limitata ad erogare sussidi «una tantum» agli attori indigenti, pensionati Enpas. Arriviamo così al 1999 quando, viste le condizioni di degrado della villa, l’amministrazione Rutelli decide di dar vita a una ristrutturazione del costo totale di circa sei miliardi di lire da finanziare con i fondi per il Giubileo del 2000. Vengono risistemati gli esterni del palazzo (compreso giardino e portico interno) e gli interni. Tra cui, inciso di non poco conto viste le polemiche di questi giorni, anche due splendide cucine complete di frigoriferi nuovissimi, fornelli del gas e un’argenteria degna della villa seicentesca.
Le cose sembrano sistemarsi, dunque. Ma il 15 maggio 2001 un protocollo d’intesa firmato da Comune e Regione affida il palazzo all’associazione culturale Dionysia per 12 anni. Un affitto da 10 milioni di lire al mese che conteneva l’espresso divieto di locazione a terzi. E qui cominciano i problemi. Teoricamente l’associazione avrebbe dovuto organizzare iniziative culturali lasciando per 45 giorni all’anno la villa a disposizione di istituzioni, scuole ed enti pubblici. La realtà, però, è ben diversa. La Dionysia, di cui è presidente Nicoletta Gaida, infatti organizza feste da discoteca le cui tracce si trovano ancora su internet (una è del 20 luglio 2002, giusto per fare un esempio) e soprattutto matrimoni. Così quando nel 2003, dopo sei mesi di «vacanza», viene ricostituito il cda della Fondazione la situazione finanziaria è disastrosa. Il nuovo consiglio riesce a porvi rimedio riscuotendo affitti non pagati da anni e risanando i conti.
Ed è proprio allora che inizia una causa contro la Dionysia. Il tribunale, in primo e in secondo grado, dà ragione al nuovo presidente della Fondazione Antonello Aurigemma. Il contratto viene così risolto per inadempimento nell’ottobre 2004 (sentenza confermata a maggio 2005). Ma, nonostante l’istituzione abbia ripreso a funzionare e a erogare fondi per gli attori indigenti tramite appositi bandi, a settembre 2005 la nuova Regione targata Marrazzo ha buon gioco a commissariarla visto che dopo la morte di un membro del cda altri due vengono costretti alle dimissioni. La motivazione sembra politica. Nonostante la maggioranza dei suoi componenti sia di centrosinistra (tre su cinque), il presidente Aurigemma, infatti, viene dal centrodestra. Il nuovo commissario, Luca Voglino, sarebbe dovuto rimanere solo fino a gennaio 2006. Due anni più tardi, invece, è ancora al proprio posto e, cosa ancora più grave, lo scopo statutario della fondazione è, ancora una volta, venuto meno.

I bandi non sono stati più fatti, i contributi non erogati, mentre la casa di riposo (la cui base di progettazione era pronta due anni fa) è sempre più lontana. I convegni e le cene, invece, proseguono. Con tanti saluti alle volontà del conte Piccolomini e agli attori indigenti.

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