Villaggi della solidarietà, il tempo è scaduto

A.A.A. villaggi della solidarietà cercansi. Non se ne sa più nulla. L’unica cosa certa è che, al momento, sindaco e prefetto non sono ancora arrivati all’individuazione delle aree in cui costruirli. Eppure con il Patto della legalità, firmato il 18 maggio dal ministro Amato, Campidoglio, prefettura, Provincia e Regione, si istituiva una commissione, formata da prefetto e rappresentanti del Comune, che avrebbe avuto il compito di «individuare, entro tre mesi, i luoghi in cui inserire i quattro campi rom». I tre mesi sono scaduti una settimana fa. E siamo ancora in alto mare.
I villaggi della solidarietà dovrebbero essere aree attrezzate, in grado di ospitare circa mille persone. Ma Veltroni, due giorni dopo la firma del Patto, già specificava che «si potrebbe trattare di aree più piccole». Non solo. Accelerava anche sui tempi della realizzazione. «Abbiamo già individuato alcune possibilità - annunciava - e nel corso dei prossimi giorni, con il prefetto Achille Serra, vedremo quali sono le aree più adatte con maggiore certezza». Ma lo stesso Serra, un mese e mezzo dopo l’annuncio di Veltroni, smentiva: «Ancora non è stato deciso dove verranno spostati gli insediamenti». Da allora le voci sulla localizzazione dei campi rom si sono rincorse. Assieme alle proteste. L’ultima in ordine di tempo è del XX municipio. Il 9 agosto una delegazione di An porta in prefettura e al Campidoglio le firme di circa 4mila cittadini che manifestano il loro dissenso rispetto alla eventualità di insediare nel loro territorio uno dei villaggi. Ma la stessa contrarietà viene espressa anche da una parte dei cittadini di Ponte di Nona (VIII municipio). Per non parlare dei comuni della provincia, preoccupati delle voci. Il 31 luglio il presidente della Provincia, Enrico Gasbarra, incontra i sindaci dei comuni della Provincia e specifica che «non c’è nessun piano di trasferimento di campi nomadi o della solidarietà nei comuni della Provincia e questo vale per tutti e 120 comuni». Ma gli stessi rom il 17 luglio fanno sentire la loro voce, denunciando che «i nuovi villaggi, così come concepiti sarebbero dei nuovi lager, decisi senza consultarci». «Chi a Roma - commenta quel giorno l’artista rom abruzzese Bruno Morelli - si riempie la bocca di parole come “intercultura”, “accoglienza”, “apertura”, poi si perde alla prova dei fatti, proponendo soluzioni come i villaggi della solidarietà: un modo gentile per definire quelli che saranno nuovi strumenti di controllo sociale e repressione». La risposta di Veltroni? «Nessuno - dice il 18 luglio - trasferisce nessuno in ghetti. Su questa materia vedo tanta insopportabile demagogia, di tutti i tipi». Esplicita, quindi, da parte del sindaco, la condanna non solo delle parole dei rom, ma anche dell’operato dell’opposizione, che in questi mesi si è fatta portavoce del malessere dei cittadini. Anche con proposte concrete. Gianni Alemanno, presidente della Federazione romana di An, chiede subito dopo la firma del Patto della Sicurezza di fare un decreto legge per disciplinare l’emergenza nomadi, prima di procedere alla creazione dei villaggi della solidarietà. La risposta di Veltroni non si fa attendere. È il 4 giugno: «Tra chi parla e chi risolve c’è una bella differenza». L’opposizione da una parte e il Comune dall’altra, che fa. O meglio, annuncia di fare. Come, appunto, per il Patto della Sicurezza.
Qualcuno potrà obiettare che certo, è agosto e non si può pretendere che si faccia qualcosa con queste temperature e mentre quasi tutto il mondo politico è in vacanza.

Ma si sapeva già al momento della firma che la scadenza dei tre mesi sarebbe caduta in un periodo estivo. E questo non ha frenato nella scelta dei tempi, messi nero su bianco nel documento. E poi, come dimostrano gli episodi criminosi di questi giorni, la sicurezza non va mica in ferie. Ne è convinto anche il sindaco?

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