VIOLAINE Quando l’amore spinge al sacrificio supremo

Syxty offre una rilettura dell’«Annunzio a Maria» spogliandolo della visione medievale di Claudel

Igor Principe

Di primo acchito, tutto fa pensare si tratti di un testo a forte impronta religiosa. A partire dal luogo in cui, fino al 24 giugno, sarà messo in scena: il Chiostro Bramantesco della chiesa di Santa Maria alla Fontana (al numero 11 della piazza omonima), edificata nel 1508 da Giovanni Antonio Amadeo accanto a una fonte d'acqua sorgiva considerata miracolosa.
E ancor di più il tema, cioè «l'amore che spinge sino al sacrificio di se stessi, e che è un bene per l'umanità intera».
Nelle parole di Franco Palmieri, che lo interpreta e lo dirige a quattro mani con Raffaella Boscolo, Violaine - è questo il titolo dello spettacolo di cui si sta dicendo - appare insomma intriso di quel mistero su cui si fonda il Cristianesimo.
Ma darne una lettura esclusivamente religiosa «sarebbe riduttivo», ammonisce Palmieri.
«Come molti grandi classici, questo testo è così noto che tutti lo conoscono, ma nessuno lo ha davvero visto - prosegue -. Il senso che ne sta alla base incarna un valore universale che valica l'ambito strettamente religioso. Noi lo abbiamo volutamente spogliato dell'aura medievale che lo caratterizzava, appesantendolo, per riproporlo sotto una lente nuova, cercando di dargli incisività e di svelarne tutta l'attualità. Quest'ultima è nel sacrificio di cui ho detto».
A beneficio del lettore, si impone una precisazione. Il testo cui si riferisce Palmieri è il più noto di quelli scritti per il teatro da Paul Claudel: L'annunzio a Maria. Da lì, Antonio Syxty e Davide Rondoni hanno tratto una riduzione e l'hanno intitolata Violaine, che è poi la protagonista del lavoro di Claudel. Nel suo destino si intrecciano, legandosi diabolicamente, amori che si rincorrono. C'è quello della sorella di lei per l'uomo cui Violaine medesima è promessa sposa; c'è quello, per lei, di un costruttore di cattedrali; c'è il suo per Dio. È quest'ultimo a vincere, quando chi la circonda la ripudia, spingendola ai voti.
La storia rivive nel chiostro di Santa Maria alla Fontana in una veste scarna. Palmieri e Boscolo, protagonisti nel 1998 di una versione realizzata per Raidue, leggono brani del testo, mentre alle loro spalle scorre un flusso di immagini, tratte proprio da quell'adattamento televisivo. Ad esse si aggiungono alcuni brani da Le mie letture, di don Luigi Giussani, a commento dell'opera.
«L'allestimento è pensato per dare centralità alla parola - conclude Palmieri -.

Nel mio passato c'è molto lavoro con Giovanni Testori, che mi ha insegnato il valore della parola come portatrice di momenti di umanità assoluta e di intensità rara. Il nostro è un tentativo per recuperarne il valore, in un momento in cui ci pare lo abbia perduto un po' ovunque. Anche a teatro».

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