Vita da antagonisti: seicento indagati tra i centri sociali

Un vecchio adagio recita suppergiù che la giustizia è lenta ma prima o poi arriva. E se questo vale più o meno per tutti a maggior ragione interessa quelli che genericamente vengono definiti «i giovani (anche se spesso molto più giovani non sono) dei centri sociali» che hanno fatto dell’essere contro la loro bandiera. Solo nel 2009, solo in città, la Digos ne ha denunciati circa 600. Tra autonomi, antagonisti, malfattori, disobbedienti, cantierini, anarchici, marxisti, appartenenti ai collettivi studenteschi e via dicendo. Un numero imponente soprattutto se si pensa che per la maggior parte di loro non si tratta certamente della prima denuncia perché sono persone già note alle forze dell’ordine e con precedenti.
«I reati che vengono contestati più di frequente ai giovani dei centri sono legati a problematiche di ordine pubblico -. spiega la polizia -. Quindi la maggior parte di queste 600 persone sono accusate di manifestazione non preavvisata. Seguono i reati di violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni finalizzate alla resistenza, passando per l’accusa d’imbrattamento e di danneggiamento (quest’ultimo quando il deterioramento provocato, ad esempio, a uno stabile, si rivela permanente), per finire con l’occupazione indebita d’edificio, il porto abusivo di armi improprie e il getto di cose pericolose.
Naturalmente le forze dell’ordine sono concordi su un punto: c’è centro sociale e centro sociale. «Di solito quelli di cui si ha maggiore percezione, considerati magari più insidiosi e i cui frequentatori rappresentano i destinatari del maggior numero di denunce, non sono anche i più pericolosi o, comunque, quelli dove si annidano le minacce maggiori». Insomma: i «ragazzini» del Conchetta, molesti ma fondamentalmente innocui, non sono certamente paragonabili ai «vecchi» della Panetteria okkupata o agli anarchici del Villa Litta okkupata. In via Conte Rosso, infatti, ci sono anche personaggi che hanno alle spalle anni di lotta armata, molti «discendenti» della nota colonna milanese delle Brigate Rosse, la «Walter Alasia», composta perlopiù da donne e che continuano la fase dialettica con i brigatisti di ultima generazione. La palazzina di tre piani, con dependance e grande giardino piantumato di via Litta Modignani, invece, è ormai storicamente il punto di riferimento dei rivoluzionari contrari a ogni forma di organizzazione e struttura.
Chi li conosce bene e li osserva da anni assicura che ora sono pochi gli argomenti che li tengono uniti e che hanno perso gli spazi di agibilità politica di un tempo. Gli anni in cui i centri sociali milanesi mobilitavano numeri consistenti di persone sembrano infatti sempre più lontani. Tuttavia negli ultimi tempi (complice la crisi socio-economica o il dna del nostro paese?) durante i cortei si sono riviste le cariche della polizia.

E il recentissimo arresto dei due terroristi Manolo Morlacchi e Costantino Virgilio, accusati di partecipazione a banda armata e, seppur sporadicamente, frequentatori della Panetteria, per non parlare dell’ordigno anarchico ritrovato alla Bocconi, non rappresentano certo segnali di distensione.

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