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Vita più dura per chi è diventato avvocato all'estero

Il Consiglio nazionale forense vuole rendere più rigida l'accettazione delle domande di iscrizione all'albo in Italia per chi lo ha conseguito in un altro paese Ue

Avvocato iscritto all'estero? Ahi ahi ahi. Dice la commissione consultiva del Consiglio nazionale forense (che in una disposizione di pochi giorni fa ha fornito specifiche indicazioni ai consigli dell'ordine forense che gestiscono gli Albi a livello locale), che d'ora in avanti è necessario che consigli dell'ordine esaminino nel dettaglio le domande di iscrizione di chi abbia acquistato il titolo all'estero. Gli ordini, come spiega lo Studio Cataldi (www.studiocataldi.it) dovranno verificare il percorso formativo professionale e se al titolo acquisito all'estero corrisponda anche un periodo di esercizio professionale. «Lo scopo - si legge sul sito di news giuridiche - è quello di verificare che non ci si trovi di fronte a una mera procedura burocratica di trasferimento da un paese all'altro posta in essere per approfittare delle disponibilità offerte dal diritto comunitario». La commissione consultiva del Cnf ha risposto ad alcuni quesiti posti dagli ordini di Piacenza e di Vicenza in ordine agli effetti della sentenza della Corte di Giustizia riguardante la professione di ingegnere. Ciò che si vuole chiarire è se tale sentenza possa avere effetti anche sulle iscrizione all'albo forense. La suddetta sentenza ha dichiarato infatti che il riconoscimento dei diplomi presuppone che l'interessato abbia sostenuto esami nello stato di rilascio del titolo ed abbia anche acquisito esperienza professionale. La domanda di riconoscimento di un titolo professionale, sottolinea la Corte di Giustizia, a cui pero' non corrisponda alcuna effettiva esperienza concreta da riconoscersi, da' luogo ad un «abuso del diritto».

«I giudici di Lussemburgo - conclude lo Studio Cataldi - in sostanza hanno fatto proprie le conclusioni dell'avvocato generale che aveva sottolineato come il duplice riconoscimento in uscita e poi in entrata dall'estero del titolo rappresenta una costruzione di puro artificio che contrasta con il principio comunitario in base al quale gli interessati non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario».

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