La vita s'impara... dagli errori e dai figli

L'esistenza è una storia di formazione senza fine, fatta di insegnamenti piccoli e grandi

La vita s'impara... dagli errori e dai figli
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Un grande editore, Giulio Bollati, che sapeva bene come girava il mercato, sosteneva che il titolo del libro valeva già la metà del suo successo... o anche di più, aggiungeva. Non so che cosa avrebbe pensato di La vita s'impara di Corrado Augias (Einaudi, pagg. 283, euro 20). Io ho trovato il titolo molto suggestivo: mi ha ricordato una vera, costante ossessione della mia infanzia. Mia madre, come un martello pneumatico, non perdeva occasione per insegnarmi a vivere: «Devi imparare a stare al mondo», mi diceva, e gli insegnamenti erano netti ed essenziali. «Devi imparare a usare le posate»; «devi imparare a salutare le persone anziane», «devi imparare soffiarti il naso»; «devi imparare a non parlare con la bocca piena»... insomma, era tutto un dover imparare, dalle cose più banali a quelle più complicate (credevo). E un'assoluta certezza aleggiava in tutti questi insegnamenti: se non li avessi perfettamente imparati, le porte della vita non le avrei mai potute varcare. D'altra parte, mia madre era una maestra delle scuole elementari e su di me aveva un'indiscutibile autorevolezza che si confermava giorno dopo giorno quando osservavo con quanta considerazione la trattavano i suoi alunni e i genitori. Proprio altri tempi. Adesso, Corrado Augias mi scompagina le carte, dicendo una cosa molto semplice e vera: non si smette mai di imparare. È davvero così? Magari fosse così: avremmo, in generale, a che fare con una umanità diversa e, in particolare, io avrei appreso un po' alla volta con calma e lentezza, senza ossessionarmi, la quantità degli insegnamenti materni.

Augias ha avuto l'occasione d'imparare, strada facendo, ciò che gli riservava la vita, a cui doveva corrispondere sia con la sua esperienza passata, sia con la disponibilità ad affrontare con decisione le incognite che il futuro gli avrebbe riservato. Ecco allora le belle descrizioni della sua infanzia in Libia, che ci illustrano un mondo africano suggestivo e lontano da quello che oggi immaginiamo, e poi il ritorno a Roma con il drammatico vissuto di un ragazzino nella tragedia dell'occupazione tedesca, il collegio cattolico che, suppongo, molti di noi non se lo sarebbero immaginato, infine, la lunga navigazione a vele spiegate nel giornalismo.

Una vita che, passo dopo passo, veniva appresa con i suoi drammi e le sue gioie: insegnamenti importanti, non come quelli elementari che mia madre pretendeva che conoscessi alla svelta. Dunque, una vita che si impara. Ma che cosa davvero si impara? mi sono chiesto arrivando alla fine della gradevole lettura del libro di Augias. Mia madre mi insegnava una cosa precisa, per esempio come tenere la forchetta, ma facendo un passo più grande sul tipo di quello di Augias, che cosa ho potuto imparare dalla vita o che cosa avrei dovuto imparare?

Nel racconto esistenziale del nostro autore c'è una grande, invidiabile serenità: certamente nella storia si trovano tempeste e grandinate, ma attraversate con successo e quindi - facile da immaginare - con importanti insegnamenti da mettere nel bagaglio della propria vita e delle sue avventure fortunate. Anche la scrittura di Augias si adatta a questo flusso di coscienza in cui il cammino della propria formazione procede inarrestabile: una ridefinizione personale, soggettiva, della concezione della storia di Hegel che porta necessariamente alla realizzazione dell'Idea. Appunto, un'invidiabile visione della storia - e della propria, personale vicenda umana - che purtroppo sfugge a tanti di noi che hanno fatto mille e mille volte i conti della vita, accorgendosi che non tornano mai.

Sono allora andato a controllare che cosa ci racconta Augias della sua vita familiare: poco. In fondo, era la mia curiosità maggiore nella lettura di questa vita che s'impara, perché nel mondo familiare ho sempre navigato a vista, sbattendo di qua e di là, talvolta trovando il filo giusto del vento che gonfiava le vele della mia barchetta, facendomi andare discretamente, talvolta sciaguratamente scuffiando.

Così alla fine, mettendo insieme gli insegnamenti di vita elementari di mia madre, la serena visione della formazione esistenziale di Augias/Hegel e le mie esperienze familiari, sono sempre più convinto che siano i nostri figli a farci capire cosa abbiamo davvero imparato dalla vita.

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