Vittime della Basaglia, un folle in casa può far impazzire tutta la famiglia

La tragedia dello zio di Napoli che ha sgozzato la nipotina rilancia la polemica sulla legge 180

Vittime della Basaglia, un folle in casa 
può far impazzire tutta la famiglia

Almeno evitiamo le solite frasi, tipo: «Nessuno se lo aspettava...», «Era una persona educata, anche se un po’ taciturna...», «Non avrebbe fatto male a una mosca...». Ecco, a una «mosca» forse no, ma a una povera bimba di due mesi sì. Antonio Raffaele Spinelli, 29 anni, due sere fa ha sgozzato la nipote. Ma oggi a Monte di Procida, il paese nel napoletano dove si è consumata la tragedia, tutti descrivono Raffaele («Lello») come un «bravissimo ragazzo», «estremamente tranquillo». Poi uno butta lì un inquietante: «Certo, sapevamo che aveva disturbi psichici, ma qui non è mai stato considerato una persona da temere...». Dovevano pensarlo anche i genitori della piccola Sofia che domenica pomeriggio l’avevano lasciata dalla nonna per andare a fare acquisti.

In quella casa c’era anche Raffaele, il fratello della mamma di Sofia. Raffaele ha chiesto di poter tenere in braccio la nipotina e, un attimo dopo, l’ha ammazzata con un unico fendente alla gola. Li chiamano «raptus della follia», ma qui - l’unica follia - è quella di chi consente ai «pazzi» di vivere «tranquillamente» in famiglia; senza cure, senza assistenza, senza aiuti, confidando unicamente nella buona sorte e nella speranza che le «crisi isteriche», gli «attacchi di nervi» non degenerino mai in omicidi.
Ogni giorno sono decine gli episodi di violenza subiti da parenti dei «pazzi» in libertà per effetto della legge Basaglia che abolì i manicomi (e venne salutata da tutti come una prova di «grande civiltà»). Ma è «civile» scaricare solo sulle famiglie il peso enorme della gestione di un malato psichico? Quanti affrontano quotidianamente questo dramma sanno che la risposta è «no». Per trovare conferma basta dare un’occhiata al terribile «diario criminale» continuamente aggiornato sul proprio sito da un gruppo di parenti ed amici di malati di mente, psicotici gravi.

«Alcuni di noi - spiega l’associazione «Vittime della 180» - hanno conosciuto la situazione pre-180 ed hanno un vivo ricordo dell’ospedale psichiatrico. Quando nel 1978, per effetto della 180, vi è stato il cosiddetto periodo delle “dimissioni selvagge” , seguito dalla fondazione delle prime associazioni di familiari a difesa dei malati, parecchi di noi si sono associati alle realtà che si andavano costituendo».

Un ruolo di supporto fondamentale, considerato che in Italia la 180 ha eliminato ogni seria cura della malattia. «Fino a quando la 180 non verrà superata - spiegano i familiari dei malati psichici -, la dedizione e la passione che in tutta Italia operatori, volontari e medici dedicano agli psicotici, saranno solo dei palliativi, che non serviranno a risolvere i problemi dei malati e delle loro famiglie».
Il calendario è lì a dimostrare che, quello che si sta chiudendo, è l’ennesimo anno di sangue. Il 22 gennaio, a Roma, un ingegnere di 41 anni dei Vigili del fuoco esplose in un improvviso attacco di furia omicida nella sua caserma, accoltellando cinque persone e travolgendo con l'auto altre quattro; l’uomo, da tempo malato, era stato sottoposto alcuni mesi prima ad una visita psichiatrica, dopo di che era stato ritenuto «idoneo al servizio».
Tre Febbraio, Ancona: una tunisina di 32 anni, da poco separata dal marito e gravemente depressa, si chiude in casa insieme al figlioletto di 4 anni e dà fuoco alla casa. Muiono si lei che il bambino. Appena nove giorni dopo, il 12 febbraio, nel Barese, una donna di 83 anni viene strangolata e poi colpita a coltellate dal figlio psicotico di 41 anni che viveva con lei. Otto giorni dopo, il 20 febbraio, a Verona, una mamma «depressa» soffoca il figlio Gabriele di 7 anni e poi si impicca.

Il 25 febbraio a Rho, nel Milanese, un agente di polizia di 29 anni viene assassinato con una coltellata in un bar da un trentaduenne.

La vittima era intervenuta in difesa della fidanzata, cameriera nel bar, pesantemente importunata dall’assasino e da un suo amico, ambedue schizofrenici «in cura» presso il Cps di Rho. E siamo solo a febbraio. Ma nei mesi successivi l’elenco dei lutti provocati dai «raptus di pazzia» non diminuirà. Tra l’indifferenza generale. Un immobolismo, anche questo, davvero «pazzesco».

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