Vittorio Emanuele vuol abdicare Battaglia per il trono che non c’è

Si parla di una successione da padre a figlio, ma ancora non c’è il sigillo

Paola Bulbarelli

È fuori discussione. Che siedano su un trono o su uno sgabello. Che abbiano un regno oppure solo un casale, la «gente» di sangue blu fa notizia.
Piace fare l’anamnesi della vita reale, intriga l’anatomia della monarchia moderna. Così distante dalla nostra vita quotidiana eppure così osservata: prima dal buco della serratura ora in un buco che è sempre più diventato una voragine. È delle ultime ore la decisione di Vittorio Emanuele di Savoia di abdicare in favore del figlio Emanuele Filiberto.
Si dice che la decisione il principe l’abbia presa 2 mesi fa, ancora lontano perciò dagli scandali che l’hanno visto coinvolto anche se Filippo Bruno di Tornaforte, portavoce della Casa Reale d’Italia fa sapere che ad oggi non è stato firmato alcun documento di passaggio da parte di S.A.R. Principe di Napoli Vittorio Emanuele delle proprie prerogative dinastiche e di rappresentanza al figlio Emanuele Filiberto di Savoia. Vittorio Emanuele di Savoia, a parte questo dettaglio, pare proprio intenzionato a rinunciare al diritto al trono reale in favore del figlio Emanuele Filiberto. È questa l'esclusiva notizia che il settimanale Gente pubblicherà nel nuovo numero in edicola e che doveva rimanere segreta fino all’ultimazione delle pratiche previste dal protocollo reale, per il passaggio di consegne da padre a figlio. Secondo Gente l’entourage dei Savoia ha confermato la volontà del figlio dell’ultimo re d’Italia di delegare le sue prerogative reali al suo unico erede, Emanuele Filiberto, principe di Piemonte e di Venezia.
«In molti potranno pensare che questa decisione sia stata presa in seguito alle note vicende giudiziarie, ma non è così. Da oltre due mesi sono in corso le pratiche affinché Emanuele Filiberto possa ereditare le cariche e le onorificenze del padre», rivela una fonte vicinissima alla famiglia, ma i fatti giudiziari che hanno coinvolto Vittorio Emanuele hanno ritardato l’iter.
Ma stanno davvero così le cose? La Consulta dei Senatori del Regno, costituita il 20 gennaio del 1955 da circa 160 senatori superstiti del vecchio senato sabaudo, il 7 luglio 2006, con un comunicato, ha dichiarato decaduto da ogni diritto dinastico Vittorio Emanuele e i suoi successori e ha indicato al suo posto il Duca d’Aosta e Capo della famiglia, Amedeo di Savoia. Il fatto, come ovvio, è stato aspramente contestato anche sotto il profilo della legittimità da parte dei sostenitori di Vittorio Emanuele. Ma Amedeo ribatte: «Non è successo niente, sono cose note. Vittorio Emanuele, secondo le leggi, era già escluso dall’asse dinastico perchè non ebbe il consenso del re al momento del matrimonio con Marina Doria. Un divieto che venne tra l'altro esplicitato in due missive del padre, Umberto, ultimo sovrano».
Negli ultimi anni le vicende familiari dei Savoia-Aosta sono state al centro di aspri dibattiti in ordine all’attribuzione dell’eredità monarchica, e ciò ha chiamato in causa il ruolo della Consulta, con esiti e valutazioni che hanno diviso Vittorio Emanuele di Savoia e Amedeo di Savoia con i relativi sostenitori. La diatriba si complica quando non si vuole riconoscere la Consulta dei Senatori del Regno benedetta da Umberto II preferendo invece l’Associazione Consulta dei Senatori del Regno nata nel 2002, che sposa le tesi di Vittorio Emanuele. Ma che c’è da spartirsi? Non c’è regno e non c’è trono.
Ma tant’è la lotta si fa sempre più dura e aspra.

E visto che chi regna sovrana, per ora, è solo la malignità, si dice che nel piatto ci siano titoli nobiliari da vendere e in vendita. Con ottimi guadagni. Insomma, il sangue blu, se non ce l’hai, te lo puoi anche comprare. E magari diventa più blu del blu autentico visto che spesso e volentieri i «nostri» reali inciampano di brutto.

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