Vittorio Pisani, sotto accusa per presunta collusione con un camorrista

Simone Di Meo

Dategli pure del corrotto, cacciatelo da Napoli, umiliatelo. Lo sbirro anti-Saviano colpisce ancora. L’ex capo della Squadra mobile partenopea a cui la procura ha intimato di star lontano da Napoli perché considerato vicino a un boss (pentito) della camorra di Secondigliano, ha beffato gli stessi pm che coordinavano le indagini sul latitante Zagaria andandosi a prendere personalmente il Padrino dei casalesi proprio al confine con la provincia per lui off limits. Vittorio Pisani ha coordinato dal suo esilio romano ogni dettaglio della caccia all’uomo più ricercato d’Italia. Nottetempo s’è precipitato nei dintorni di Caserta e in mattinata è entrato per primo nel covo di don Michele, che s’è arreso rendendo onore al «nemico». Un eroe in divisa trattato da criminale, Pisani, come i colleghie carabinieri Ultimo e Mori che catturarono Riina. E non è un caso che a lui, e soltanto a lui, i poliziotti di Napoli per un giorno non più orfani del loro capo, a Casapesenna hanno riservato un’ovazione da brividi che suona come uno schiaffo alle toghe che lo vogliono colluso coi clan.
La «volpe», così era chiamato in codice il più furbo dei casalesi, si nascondeva a casa sua, come ogni buon latitante di spessore. E qui l’ha scovato il più sveglio dei servitori dello Stato spedito dalla procura di Lepore (che oggi gonfia il petto) a un soggiorno obbligato lontano da Napoli con l’accusa di favoreggiamento e rivelazione di segreto. «Mascariato» dalle dichiarazioni di un pentito, Salvatore Lo Russo, viscido e sgusciante come un’anguilla, soprannominato non a caso «’o capitone». Questa è la bestia che accusa Pisani e che ha convinto la Dda a stilare un «divieto di dimora» che obbliga Pisani a stare alla larga dalla sua città e dai suoi uomini che ieri, in massa, anche con mezzi propri, hanno «espatriato» a Caserta petto in fuori. Quando la faccia terrea di Zagaria vede la luce e incrocia lo sguardo elettrico nei passamontagna dei segugi dello Sco, il «capo» della Mobile (nessuno si sogna di considerarlo un ex) nasconde male la commozione. In questura, a Caserta, i caroselli a sirene spiegate si fanno per festeggiare e sbeffeggiare il latitante ammanettato in auto. Stavolta no, il tributo è per l’esiliato di Stato che paga anche la scarsa diplomazia. Non tutti sanno, o ricordano, che Pisani venne crocifisso per aver detto che la superstar della legalità di carta, Roberto Saviano, non aveva bisogno della scorta correndo pericoli pari a zero. Lo scorticarono vivo, gli «indignados» dell’antimafia da salotto. Qualcuno gli augurò di fare la stessa (brutta) fine di un altro bravo poliziotto, Bruno Contrada. Gli è andata bene, finora. Il 15 dicembre, il superpoliziotto finirà alla sbarra davanti al giudice che dovrà decidere se rinviarlo a giudizio. E allora saranno già nel dimenticatoio le foto che lo ritraggono vicino a Zagaria e quelle, di qualche mese più vecchie, che lo immortalano accanto ad Antonio Iovine, l’altro grande latitante della camorra casalese. Era il 17 novembre dell’anno scorso, quando Pisani strinse le manette ai polsi del «ninno». Tre giorni dopo, tornò a Caserta e con le ruspe andò a scavare sotto un negozio. Era convinto di trovarci Zagaria. Il titolare della boutique se la prese con la polizia e fece sapere che avrebbe richiesto il risarcimento dei danni. Pisani era andato a botta sicura. Non si dava pace, e ieri ha capito perché: quel commerciante è il fratello dell’uomo che, fino a ieri, ospitava Zagaria nella sua villa. Il segugio non aveva sbagliato traccia, per questo non aveva smesso di braccarlo. Fino a ieri. E pensare che fino a un mese fa, la Mobile era svantaggiata nelle ricerche. Il Ros dei carabinieri stava più avanti ma si arrese ai desiderata della procura che in una riunione decise la circolazione delle informazioni per mettere le forze dell’ordine sullo stesso piano. Qualcosa è andato storto, ma guai a parlarne in conferenza stampa, a Napoli. Tutti a prendersi i meriti, tranne Pisani che avrebbe rischiato l’arresto appena messo piede a palazzo di giustizia.

Avrebbero gioito in parecchi a vederlo in ceppi, dai camorristi alla giunta De Magistris, che con un tempismo straordinario ha annunciato d’aver approvato, su proposta dell’ex pm assessore Giuseppe Narducci, la delibera per costituirsi parte civile nel procedimento penale nel quale è imputato anche il cacciatore di latitanti. Questa è l’Italia. Viva Saviano, abbasso Pisani.

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