Vivo, morto o Noam Chomsky? Paradossi di una notizia falsa

Il linguista ha studiato i media e ora ha sperimentato le sue teorie in prima persona nel corso di una (stra)ordinaria notte di follia

Vivo, morto o Noam Chomsky? Paradossi di una notizia falsa
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Per fortuna, mentre scriviamo questo articolo, il linguista Noam Chomski, «l'intellettuale più influente del mondo» secondo il New York Times, è vivo e gli auguriamo sinceramente di rimettersi in pieno. Dimesso dall'ospedale brasiliano in cui si trovava, è rientrato negli Stati Uniti per proseguire le cure. Il linguista, 95 anni, lotta contro gli effetti collaterali di un ictus. Martedì notte, i media mondiali sono andati in corto circuito, e Noam Chomsky è stato dichiarato morto, vivo, morto e infine vivo. A un certo punto, misteriosamente, sembrava sia vivo sia morto «come il gatto del famoso paradosso di Schrödinger», commentavano i buontemponi sui social network. Schrödinger, per dirla in breve, illustrava i paradossi della fisica quantistica con un esempio da burlone. Si chiuda un gatto in una scatola, che contiene un veleno potenzialmente letale. Impossibile stabilire se il gatto sia vivo o morto. Le due condizioni si sovrappongono fino a quando si apre la scatola.

È dovuta intervenire la moglie per porre fine alla gazzarra che, immaginiamo, avrà fatto sorridere Chomsky stesso, autore, tra le mille altre cose, di un libro sulla Fabbrica del consenso, uno studio approfondito sul funzionamento dei media. La tesi numero uno: i media sono principalmente strumenti di propaganda dell'ideologia liberista e in generale delle opinioni delle élite economiche. La tesi numero due: i media sono prodotti da vendere innanzi tutto ai pubblicitari. Dunque sono interessati alla verità solo nel caso in cui non disturbi il marketing. Tesi numero tre, rielaborata in seguito al trionfo della Rete: la manipolazione delle masse è resa più facile dalla viralità dei media digitali.

Proprio queste tesi sono state sperimentate da Chomsky, divenuto contenuto virale, notizia (falsa) diffusa dai media liberisti e «venduta» per un'intera notte nei siti foraggiati dai banner pubblicitari. Intanto i social network si scatenavano, e in breve «Chomsky» era, di gran lunga, la notizia più commentata. In pochi hanno rinunciato a vergare il proprio ricordo sullo studioso, ovviamente mettendosi al centro della scena: «Io e Chomsky, Chomsky e io».

Non è la prima volta che Chomsky incontra il paradosso. Secondo lo studioso, la struttura di tutte le lingue è simile perché rispecchia una struttura mentale innata. La «grammatica generativa» si propone di individuare una serie di regole universali che spiegherebbero come i bambini acquisiscano le lingue e come imparino a costruire frasi sensate. I critici però sostengono che le strutture individuate da Chomsky e dai suoi seguaci siano un po' troppo simili a quelle della lingua inglese.

Che dire allora di sistemi di comunicazione radicalmente diversi, riscontrabili in popolazioni indigene ai margini dell'Europa e degli Stati Uniti? Ecco il contrappasso: il maggior critico dell'Occidente viene infilzato proprio per il peccato di «eurocentrismo» e di mancata attenzione per le minoranze, in altri termini per carenza di sensibilità multiculturale...

Chomsky è morto? No, lunghissima vita a Chomsky.

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