Milano - Torna l’allarme per la nube di cenere sprigionata dal vulcano islandese Eyafjallajokull. Il suo arrivo sulla penisola iberica ha imposto la cancellazione di 180 voli in Spagna e la temporanea chiusura di quattro aeroporti alle isole Canarie (i due di Tenerife e quelli di La Palma e La Gomera) e di altri tre nel sud, Siviglia, Jerez de la Frontera e Badajoz. Chiusi anche gli scali del Marocco e limitazioni al traffico aereo sulla Turchia con lo stop ai voli diretti a ovest e sud-ovest di Istanbul. La nube si sta spostando verso est e per la seconda volta dalla prima eruzione, arriverà sull’Italia. Anche se al momento non sono previste restrizioni al traffico aereo preoccupa l'impatto che la nube potrà avere sull'Italia. Secondo Andrea Sianesi, associate dean del Mip Politecnico di Milano, "il costo per il sistema paese è di un ordine di grandezza decisamente superiore" a quanto rischiano di perdere le compagnie aeree.
Professor Sianesi, potrebbe prospettarsi un nuovo blocco dei voli sull'Italia, dopo quello che si è verificato il mese scorso per l'eruzione del vulcano islandese. Sono quantificabili i costi per il Paese?
"Certamente sono molto alti, molto più alti di quelli delle compagnie aeree (che il mese scorso furono quantificati da IATA in 150 milioni di euro al giorno, senza contare il prezzo dell'assistenza a terra dei passeggeri e gli eventuali rimborsi; ndr). I danni subiti dalle compagnie non si limitano ai mancati introiti dei biglietti per i voli non effettuati, o ai rimborsi pagati agli utenti: a questi vanno aggiunti i costi fissi che comunque sono stati sostenuti per pagare il personale e per gestire la flotta, anche a terra. Ma il costo per il sistema paese è di un ordine di grandezza decisamente superiore: ognuna delle persone che ha perso il volo aveva un meeting a cui non ha partecipato, un appuntamento di business a cui non si è presentato, o semplicemente un soggiorno di cui non ha usufruito. Tutto è stato spostato, riprogrammato, molte occasioni sono andate perdute. Non hanno viaggiato le merci, non ci sono stati scambi. Questo, chiaramente, ha un prezzo."
Ogni aereo annullato attiva un meccanismo di prenotazione alberghiera e di ricerca di altri mezzi di trasporto. Queste nuove opportunità non compensano quelle perdute, dal punto di vista economico?
"Assolutamente no, possono solo ridurre il danno, e non di molto. Mi spiego: per ogni aereo che non parte non c'è un treno vuoto pronto ad accogliere i passeggeri che restano a terra. Qualcuno riuscirà a trovare un posto e a viaggiare, ma la maggior parte no, o non subito. Le ferrovie dunque possono avere qualche beneficio, ma non certo pari al danno subito dalle compagnie aeree. Lo stesso vale per gli alberghi. Le convenzioni con strutture ricettive, o le polizze assicurative che coprono situazioni di questo tipo, possono mitigare il danno, non certo azzerarlo. Se così non fosse, alle compagnie converrebbe sempre non far partire gli aerei. Con questo non escludo che possano verificarsi casi di speculazione, ma ritengo siano veramente sporadici. La decisione se cancellare o no i voli credo dipenda piuttosto dalla valutazione del rischio: si può ritenere che la probabilità di subire danni alla propria flotta sia molto remota, e quindi che valga la pena di procedere normalmente, oppure si può avere un atteggiamento più cauto. Questo ovviamente deriva da mille fattori."
Nelle prossime 24 ore l'Italia settentrionale dovrebbe essere investita da una nuova nube di cenere.
"Guardi, io venerdì devo essere a Roma e ho deciso di prenotare il viaggio in treno: un mancato ricavo per la compagnia aerea e un beneficio per le ferrovie!"
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