Il vuoto sotto lo scalone

Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia, in un’intervista pubblicata ieri mattina ha detto delle cose importanti. Lo scalone non si tocca e quindi bisogna fare la riforma delle pensioni. Il mercato del lavoro deve rimanere flessibile perché così si batte il precariato. Il tesoretto deve essere usato per il risanamento. Per quanto ci riguarda potremo anche essere d’accordo. Il problema non siamo noi, sono i suoi alleati di governo che non condividono un accidente di tutto questo.
Detto fatto, nel pomeriggio, c’è stata una riunione dove il ministro si è scontrato con la sinistra del governo e dove i rappresentanti dei sindacati sembravano usciti da un congelatore. Gelo assoluto. Tanto per scherzare il capogruppo alla Camera di Rifondazione comunista, Gennaro Migliore ha affermato che «le dichiarazioni di Padoa-Schioppa non rappresentano né la posizione dell’Unione, né possono rappresentare la posizione del governo». E ha aggiunto che non si possono portare posizioni pericolose per la «coesione dell’esecutivo». Certo, è quello che conta: che l’esecutivo rimanga in piedi. Poi se i conti vanno a rotoli, grosso modo, chi se ne frega. Il senatore Dino Tibaldi dei comunisti italiani ha osservato che la proposta di Padoa-Schioppa «è una scelta di politica economica scellerata».
Perché i signori della sinistra e i sindacati non la pensano come il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa? Perché non condividono un modello di politica economica moderno e, diciamo, europeo. Perché non si sono ancora convinti che sia il mercato e non la spesa pubblica a generare la ricchezza. Francamente il problema non sono né i rifondaroli, né i Verdi, né i comunisti italiani. Va dato loro atto che queste cose le han sempre dette. A partire da prima delle elezioni. Il problema è più Padoa-Schioppa che queste cose le sapeva anche prima, come le sapeva Prodi. Come le sapevano tutti quelli che hanno lavorato al fatidico programma. Come le abbiamo sapute noi dopo le venti edizioni della Finanziaria.
Come sapevano, sia Prodi che Padoa-Schioppa, che un po’ in Europa ci sono stati (e che avrebbero dovuto imparare qualcosa), che la riduzione del cuneo fiscale come l’avevano pensata l’Europa non l’avrebbe autorizzata. Il cuneo fiscale all’inizio doveva essere di 10 miliardi, secondo le promesse, poi - lo ha detto Prodi avant’ieri - è sceso a 7. Poi, alla fine, considerato che la riduzione andrà estesa alle banche, alle assicurazioni, e alle public utilities, scenderà a 5,5 miliardi di euro. Poco più della metà.
Non importa se quanto indica la Comunità Europea sia giusto o no.

Importa la totale inaffidabilità di un governo che dice A, poi fa B, poi lo giustifica dicendo che ha fatto C. Tutto questo non è premessa alla caduta del governo, purtroppo. È una ulteriore doverosa presa di coscienza della sua inconsistenza.

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