Walter Chiari combattè nella Wehrmacht

SanremoNel Giovedì di Dino Risi (1964), Walter Chiari raccontava imprese di ex combattente al figlioletto, ideate da Castellano & Pipolo, gli stessi che avevano scritto per Ugo Tognazzi Il federale di Luciano Salce. Chiari e Tognazzi appartenevano alla generazione chiamata alle armi nella II guerra mondiale ed entrambi, alla fine del 1943, avevano sostituito le mostrine del Regno d’Italia con quelle della Repubblica Sociale Italiana. Anzi, Chiari, che era del 1924, aveva portato solo queste ultime.
Si sapeva che, militare nella X Mas, Chiari aveva collaborato al suo settimanale, L’orizzonte, diretto da Bruno Spampanato, tanto che alcune sue vignette appaiono nel libro X Mas di Ricciotti Lazzero (Rizzoli). Si sapeva anche che Chiari, con Tognazzi, aveva condotto programmi dai microfoni di «Radiofante», emittente milanese per le truppe della Rsi.
Non si sapeva invece che Chiari avesse partecipato a combattimenti, come invece era noto per altri ventenni sotto le armi in quel periodo che sarebbero diventati celebri attori. A rivelarlo è il documentario sullo sbarco in Normandia e la campagna che ne derivò dal 6 giugno 1944. Il titolo è D Day: noi italiani c’eravamo di Mario Quattrina, che domani (ore 21) sarà proiettato al Circolo Ufficiali di Verona.
Il testimone trovato da Quattrina è un commerciante di fiori di Sanremo, Danilo Bregliano, allora tenente e coetaneo di Chiari. Del quale Bregliano mi dice: «Ero vicecomandante di battaglione, aggregato alla divisione tedesca del generale Korner. Alla fine dell’autunno 1944 eravamo, con una batteria contraerea, a Thionville, sulla Mosa, frontiera tra la Francia e il Belgio. Qui Chiari, col suo vero nome, Annichiarico, si è unito a noi da soldato semplice, dopo aver finito l’addestramento presso Francoforte sul Meno. E con noi è rimasto fino che siamo arrivati a Mulhouse. Al crollo del fronte del Reno, nel febbraio 1945, abbiamo passato la frontiera svizzera attraverso i boschi, evitando l’internamento e raggiungendo Neuchâtel, poi Basilea, dove una famiglia italo-svizzera, di amici di mio padre, ci ha aiutato a rientrare in Italia. Qui ci siamo presentati come reduci dai campi di prigionia tedeschi per i militari italiani non aderenti alla Repubblica Sociale. I partigiani l’hanno creduto e ognuno di noi è tornato nella sua città. Chiari a Verona, dunque. Ho sentito dire che lui sarebbe stato prigioniero a Coltàno, presso Pisa. Ma non me ne ha parlato quando ci siamo rivisti, cioè dal 1948 in poi fino alla morte. Dopo i suoi spettacoli a Sanremo, facevamo bisboccia».
Quanto alla partecipazione a combattimenti, Bregliano aggiunge: «Col nostro cannone da 88, usato anche in funzione anticarro, e la mitragliatrice da 40 sparavamo agli aerei, ma anche a partigiani e americani.

Durante l’offensiva nelle Ardenne arrivammo a Compiègne, a 70 chilometri da Parigi! L’ho raccontato nelle mie memorie, diffuse solo fra amici. Promisi a Walter di non citarlo, così del suo nome ho messo solo le iniziali. Ma lui è morto da tanto e ormai era vano tenere il segreto».

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