Neppure Bing Crosby ed Irving Berlin, pur abituati al successo, si sarebbero aspettati che White Christmas (Bianco Natale) sarebbe divenuto il disco più venduto nel mondo: 30 milioni di copie (per alcuni addirittura 40). Un record assoluto, superato - ma solo per pochi mesi - da Candle in the win versione 1997 (37 milioni di dischi), motivo legato alla morte di Lady Diana ed eseguito da Elton Jones. Ancora ai nostri giorni, ad oltre sessant'anni dalla sua prima esecuzione, non esiste compilation natalizia che, assieme a Jingle Bells, Stille nacht, non contenga White Christmas in una delle numerose versioni registrate dai più famosi cantanti. Frank Sinistra, Elvis Presley e Ray Charles, Nat King Cole compresi.
Un fenomeno musicale unico: per quali ragioni? La domanda se l'è posta Paolo Prato, insegnante di musica e radio alla Pontificia Università Gregoriana, in un saggio - L'America e la reinvenzione del Natale. White Christmas (Donzelli. pagg.189. 16,90) - che rivisita in ogni dettaglio il percorso della canzone americana dall'inizio del secolo scorso.
L'enorme successo, di White Christmas, secondo Prato, va attribuito a tre i fattori: il particolare momento storico attraversato dagli Stati Uniti, la capacità creativa - in totale sintonia con il gusto musicale americano - dell'autore Irving Berlin e le qualità vocali di Bing Crosby, il primo a cantarla e al cui nome la canzone sarebbe stata sempre legata. Elementi amalgamati alla perfezione e che hanno creato la magia di White Christmas, come del resto diceva Irving Berlin: «È la storia che fa le canzoni». Le canzoni appartengono a momenti, a stati d'animo della vita e Berlin riuscì, con White Christmas, a raggiungere il sentimento collettivo degli americani in quegli anni, rendendo il motivo un'insostituibile occasione di ricordo, una pagina di un diario personale scritto con le note.
Uomo non particolarmente affascinante, ma dall'aspetto affabile e semplice, amante della bottiglia e delle belle donne, Bing Crosby con la sua pipa e una voce calma e suadente trasmetteva serenità e fiducia. Il suo stile crooning - un timbro canoro basato su un fraseggio jazzato - la dizione impeccabile, il tono baritonale, procuravano nell'ascoltatore una sensazione confidenziale, suadente, di serenità, in grado - per la prima volta - di conquistare anche il pubblico dei neri, orientato verso diverse espressioni musicali. Una voce che Louis Armstrong definì: «Oro versato in una tazza».
Crosby, in una carriera durata 51 anni, divenne un protagonista assoluto nel mondo radiofonico (4000 programmi dal 1931 al 1962), discografico (oltre 2000 dischi incisi, di cui 400 milioni venduti, un primato battuto solo da Elvis Presley), ed in seguito fu protagonista anche nel cinema (ricordiamo solo High Society con Frank Sinistra e Grace Kelly), girando 50 film e divenendo, tra il 1944 e il 1948, l'attore più pagato di Hollywood. Era insomma l'immagine dell'ottimismo americano, del buonumore. Un personaggio dallo stile affettuoso, bonario, amato dalle famiglie, nonostante una vita privata tutt'altro che irreprensibile.
Irving Berlin scrisse White Christmas nel 1940 e Crosby la cantò per la prima volta nel programma musicale radiofonico The Kraft Music Hall, ma la vetta della classifiche la raggiunse quando la eseguì nel musical del 1942 Holiday Inn, film in cui recitava accanto a Fred Astaire. Era l'anno in cui gli Stati Uniti combattevano nel Pacifico. Migliaia di soldati e marinai per la prima volta si trovavano lontani da casa, a Guadalcanal, in Nuova Guinea, negli arcipelaghi del Pacifico. Si può quindi immaginare quale effetto suscitasse in loro ascoltare il folgorante inizio della canzone: «I'm dreaming of a White Christmas...» un sogno, la nostalgia del Natale imbiancato dalla neve: l'albero, i regali, la famiglia riunita... La voce di Bing Crosby amplificava lo stato d'animo di rimpianto, ma le note della canzone facevano sperare che tutto sarebbe tornato come prima.
La musica di Irving Berlin era molto orecchiabile. Il compositore aveva 51 anni quando scrisse White Christmas, ed era già celebre, una fama paragonabile a quella di Cole Porter, Hoaghy Carmichael e a George Gershwin. Motivi come Alexander's Ragtime Band, Blue Skies, cantata da Al Johnson nel primo film sonoro americano - Il cantante di jazz - del 1927, Night and day, Love for sale, I get a Kick out of you, Cheek to Cheek, Always, e il leggendario God Bless America, intonato dagli americani quando sentono il bisogno di stringersi nell'amore della nazione nei momenti di tensione, come dopo l'11 settembre, appartengono al repertorio storico della canzone americana. Berlin, affermò Jerome Kern, l'autore di Smoke gets in your eyes è «la stessa musica americana», e il critico Alec Wilder ha aggiunto che le canzoni di Berlin «catturavano le voci, gli accenti i ritmi, i suoni, della gente».
Nato in Russia nel 1888 da famiglia ebrea, Berlin giunse in America nel 1893. Dopo una giovinezza trascorsa in estrema povertà, entrato nel mondo musicale, scrisse 812 canzoni di cui quasi la metà raggiunse la vetta delle classifiche. Morì a 101 anni, mentre Crosby se ne andò a 74 anni nel 1977 per un infarto su un campo di golf di Madrid. Le sue ultime parole furono «è stata una grande partita ragazzi», rimanendo fino all'ultimo fedele alla sua filosofia ottimistica di vita. Del resto in quell'anno valeva più di 150 milioni di dollari.
White Christmas, il loro più travolgente successo ha poi conquistato il mondo alla fine della guerra, quando la musica americana si diffuse, in un contesto psicologico diverso. Al giorno d'oggi, dove c'è ben poco spazio per i sogni e per le tradizioni, White Christmas continua a ricordarci, se non altro, un'epoca memorabile della musica americana.
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