«Wilson Pickett e io, uniti dal soul»

Fausto Leali: «Nel ’68 venne al Festival perché la mia canzone Deborah gli piacque subito. Poi è stato anche il padrino di mia figlia»

Paolo Giordano

da Milano

A rivederli lì, in bianco e nero sul palco del Festival nel 1968, sembrano di due mondi lontani. L’uno, Wilson Pickett, un gigante del soul nell’America dei wasp. L’altro, un ragazzetto di belle speranze e voce irraggiungibile. Oggi Fausto Leali lo ricorda così quel tipino coi baffetti e i capelli impomatati che con lui all’Ariston cantò Deborah piazzandosi quarto: «In quei giorni è nata un’amicizia che ha resistito nel tempo».
D’altronde a unirvi c’era l’amore per il soul.
«Aveva ascoltato il provino del brano Deborah e gli era piaciuto al primo colpo. Per questo accettò di cantare con me al Festival, lui che era già un grande».
Cantò anche l’anno dopo.
«Ma prima ancora che ritornasse all’Ariston per cantare con Battisti, ero stato in America con altri artisti. Quando ci fermammo a New York, lui mi invitò a casa sua. Qualche mese dopo poi la sorpresa».
Spieghi.
«Eravamo al Festival e ho ricevuto la bella notizia che sarebbe nata mia figlia. Decisi di chiamarla Deborah e lui accettò di fare il padrino di battesimo. Prima però mi chiese di quale religione fossi. Lui era battista ma il prete ci disse che non c’erano ugualmente problemi».
Poi vi siete rivisti?
«Ci siamo rivisti un paio di volte là, negli Stati Uniti».
Lei canta ancora le sue canzoni?
«Wilson Pickett è indimenticabile, la sua musica sarà sempre con noi. Io in concerto faccio Land of 1000 dances».
Perché non Everybody needs somebody, è famosissima?
«Troppo commerciale, la cantano tutti».
Appunto: quella è musica per tutti. Quando si sente un brano così, non si può rinunciare a ballare.
«Mi ricordo l’ultima volta che ci siamo visti, a una serata in tivù con Panariello a Montecatini. Quella sera mi ha chiesto notizie di Deborah e poi ha mandato la sua compagna a comprare un braccialetto d’oro. Erano la sua fissazione, i braccialetti».


Anche la vita tranquilla era un suo obiettivo.
«Infatti era tornato a vivere in campagna. Ci ho ripensato l’altra sera, quando ho sentito la notizia. Stavo guardando una tivù americana e mi è tornata davanti una parte della mia vita che se ne va per sempre».

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