Il "woke"? Più che giustizia crea un'atmosfera totalitaria

La sociologa (di sinistra) Nathalie Heinich smaschera le storture di un movimento nato per creare uguaglianza

Il "woke"? Più che giustizia crea un'atmosfera totalitaria
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Nel 2021, durante la cerimonia di insediamento di Joe Biden alla presidenza USA, Amanda Gorman, giovane poetessa afroamericana, aveva letto una delle sue poesie. Pochi mesi dopo nel mondo si lavorava alle traduzioni della sua raccolta The Hill we Climb. Da scrittore, è con particolare sconcerto che ricordo come in Spagna e Olanda i due traduttori inizialmente incaricati, benché di provata esperienza e alto valore letterario, vennero d'improvviso scartati perché bianchi. Mi era sembrato l'apice del ridicolo che potesse produrre il woke, ma, purtroppo, col passare degli anni le cose sono diventate ancor più involontariamente comiche (a volerne ridere), oppure semplicemente più contraddittorie e intellettualmente disoneste. O così perlomeno accade nel paese della libertà, uguaglianza e fratellanza, come ci racconta Nathalie Heinich in questo suo nuovo L'ideologia vendicativa (GOG, pagg 126, euro 14; traduzione Andrea Vannicelli).

Conoscevo la Heinich per il suo saggio Il paradigma dell'arte contemporanea uscito in Italia nel 2022 per Johan&Levi. Lei è una sociologa, ricercatrice del CNRS in una delle sedi di Parigi, e in quel libro affrontava le curiose vicende dell'arte contemporanea tracciando una distinzione rispetto a quella moderna e antica con un approccio scientifico, cioè un metodo basato su osservazione-ipotesi-verifica che la portava a conclusioni interessanti, forse qua e là un po' tranchant ma senz'altro stimolanti e lucide, lontane dal fumoso discettare della critica. In più, citava episodi, articoli, nomi e cognomi, rispondendo con puntualità a chi, in passato, ne aveva criticato pubblicamente le posizioni sul tema. Aveva, insomma, il piglio spavaldo di chi non ha paura di nessuno e le canta chiare. Ebbene, è con altrettanta spavalderia e lucidità che ha scritto L'ideologia vendicativa, dando l'impressione di essersi stufata e di aver scritto questo libro perché non ne poteva più. Libro che è squisitamente francese, cioè fa riferimento a episodi, persone, movimenti, associazioni, prese di posizione proprie della Francia, ma con ragionamenti e conclusioni che nulla perdono se proiettate in un contesto universale. Un punto di partenza è questa affermazione di Françoise Vergès, autrice di Un femminismo decoloniale, della quale la Heinich riporta questa frase: «Noi donne nere e afrodiscendenti designamo lo stato francese, il femminismo bianco dominante, e il razzismo di stato come nostri nemici politici». Nathalie Heinich la cita per mostrare come il wokismo porti assurdamente alla lotta interna tra minoranze, e questo perché assegna le persone a comunità le più ristrette possibile, definite dalle discriminazioni subite: «donne, persone dalla pelle nera, omosessuali, trans, musulmani, obesi, disabili», sottolineando come questo ridurre a comunità fortemente identitarie, sempre «subalterne, dominate, discriminate», sia il contrario di ciò che il modello repubblicano (francese) ha sempre sostenuto, cioè la parità dei diritti di chichessia in virtù dell'appartenenza all'indistinta comunità dei cittadini. In più, nota la Heimlich, ognuna di queste microcomunità per esistere deve essere contro qualcosa: contro chi rifiuta di riconoscerle o di trattarle dignitosamente, ma anche contro i concorrenti nella lotta per il riconoscimento. Facile che da tale nucleo fondativo si sprigionino rabbia e rancore, e la vendetta come metodo politico.

Se siete alla ricerca di un elenco di sapidi aneddoti woke su cui farvi qualche risata e scuotere la testa sconsolati, non è questo il libro che fa per voi. Aneddoti ed episodi ci sono, ma dentro un discorso come si diceva scientifico, anzi talvolta reso di non facile lettura dall'uso di tecnicismi propri della sociologia.

D'altro canto è la stessa cosa che rende il libro prezioso, perché decolonizzazione, neofemminismo, boicottaggio culturale, teorie gender, invenzione del linguaggio di genere neutro, cancellazione del passato, appropriazione culturale, sensitivity readers e mi sto di sicuro dimenticando qualcosa sono dissezionati dalla Heinich mai con sguaiatezza o mancanza di rispetto, ma con freddezza chirurgica: perché si sarà anche stufata di tutto questo, ma mantiene il suo aplomb da scienziata. Che nemmeno si può accusare di partigianeria, visto che si è sempre dichiarata di sinistra.

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