Gli Yellowcard presentano il loro «popcore»

Luca Testoni

«Popcore». Chi pensa a chissà quale nuova o inedita categoria pruriginosa o simil-erotica è del tutto fuori strada. In realtà, stando al bizzarro lessico adottato dagli addetti ai lavori di cose musicali, «popcore» non significa altro che una variante melodica del punk-rock.
Un genere (o forse sarebbe meglio definirlo sotto-genere) della musica leggera del giorno d'oggi lontano anni luce dalla rabbia e dal nichilismo anarchico dei primi Clash o dei Sex Pistols. E che non fa certo paura. Ma anzi è di moda. Roba addirittura di massa negli Stati Uniti. Oltreoceano stanno facendo proseliti gli Yellowcard, dal vivo domani sera al Rolling Stone di corso XXII Marzo 32 (ore 21, ingresso 13 euro).
Età media sui 24 anni, il quintetto originario della Florida, saggiamente «emigrato» verso una piazza assai più disponibile nei confronti del popcore qual è Los Angeles, da diverso tempo ha preso a navigare con il vento in poppa. Specie in patria. Come confermano le statistiche che li riguardano. Ocean Avenue il loro album del 2003, il secondo in carriera (ma il primo per conto della scuderia major Capitol), ha venduto oltre due milioni e mezzo di copie.
Lights and Sounds, il nuovo cd, promette di replicare il trionfo commerciale del precedente capitolo. Nella prima settimana di vendite, a inizio febbraio, ha raggiunto la Top 5 della classifica americana.
«L'album vuole essere un tentativo per mettere a tacere i detrattori. Coloro che vedono gli Yellowcard come un prodotto creato a tavolino. Di più: è un'opportunità per mostrare al mondo la nostra incredibile crescita, dopo due anni di tournée internazionali non stop»: questa la bellicosa dichiarazione programmatica del cantante-chitarrista Ryan Key. Va detto che del team di Jacksonville fanno inoltre parte Longineau Parsons (batteria), Pete Mosley (bassista/tastierista), Ryan Mendez (chitarra) e Sean Mackin (violino elettrico). Proprio Mackin regala al quintetto un primato davvero curioso: è l'unica band punk melodica del circuito con un violinista in pianta stabile in formazione.
I quattordici brani di Lights and Sounds (più pop-rock che punk a dire il vero...) filano via veloci, diretti, epici il giusto e, talvolta, sono arricchiti dall'intervento di un'orchestra. Ma soprattutto consentono al gruppo (che deve il nome proprio al cartellino giallo esibito nelle partite di calcio dall'arbitro) di prendere le distanze dalla vacuità del mondo dello spettacolo («Holly Wood Died») e dalla campagna Usa in Iraq e dai politici di Washington.


La ballata Two Weeks From Twenty, per esempio, racconta di un soldato americano ucciso in Iraq due settimane prima del suo ventesimo compleanno. Un episodio che sembra parafrasare la storia, vera, di Cindy Sheehan, la mamma di un marine caduto in Iraq, diventata il simbolo dell'opposizione alla guerra.

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