Zarrillo: «Un concerto per celebrarmi»

Zarrillo: «Un concerto per celebrarmi»

Festeggia trent’anni da cantautore sul palco del Gran Teatro. Oggi Michele Zarrillo sarà in concerto nella sua città, per raccontare ai fan una lunga storia musicale. In realtà Zarrillo ha scelto la musica già nei primi anni ’70, appena quindicenne, legando per alcuni anni il suo nome alla grande storia del progressive italiano (prima con i Semiramis, poi con il Rovescio della Medaglia).
Perché la scelta di festeggiare questa importante ricorrenza?
«In realtà non amo le celebrazioni, ma dopo 30 anni è anche giusto gratificare il pubblico che ti segue, anche se non c’è un disco nuovo da promuovere. Le mie canzoni parlano per me, senza bisogno di comparsate televisive per esistere».
Il programma di questa sera?
«Suonerò le canzoni più amate, proposte con nuovi arrangiamenti che ho curato insieme con i miei musicisti. I brani più noti saranno legati insieme, con “gancetti” creati ad arte, in una sorta di medley. Oltre due ore nella mia storia musicale».
Come nasce la sua musica?
«Da musicista ho sempre assorbito tutto. Mi sono formato con certe cose e ho sempre lavorato sui minimi dettagli di ogni mio brano. Oggi, se in una canzone si parla d’amore, gli intellettuali si affrettano a bistrattarti, senza accorgersi che è un pop scritto e curato come si faceva un tempo. Sono contento che esistano ancora artisti come Sting, che continuano a cercare nuove strade, disinteressandosi della classica canzone pop da quattro minuti. Purtroppo è un lusso che oggi possono permettersi in pochi».
Perché oggi è così difficile far affermare un prodotto di qualità?
«Perché c’è omologazione nella ribellione. Quando ho iniziato a suonare si andava controcorrente in modo costruttivo, oggi è tutto legato alla moda. Non è importante quello che fai, ma quello che rappresenti. Manca uno spazio come il Roxy Bar di Red Ronnie, che dava spazio a tutta la musica, fregandosene di sembrare alternativo a tutti i costi. In un clima così, non potrà nascere un nuovo James Taylor, non potrà prendere forma un nuovo The dark side of the moon».
Come cominceranno i secondi trent'anni?
«Dopo i festeggiamenti mi metterò in disparte per un po’, dedicandomi al nuovo disco.

Amo molto la composizione, mi stupisco ancora quando nasce una melodia, magari semplice ma non banale. Non sento il bisogno di tornare al rock dei miei esordi, oggi preferisco cercare un giro di accordi che mi faccia godere».

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