La nemesi del giudice moralista

La nemesi del giudice moralista

Non mi risulta che Daniela Meliota, pubblico ministero che ha ottenuto la condanna inverosimile di Emilio Fede e Nicole Minetti, si sia astenuta dal processo dopo essere stata condannata alla sanzione della censura e alla perdita di tre mesi di anzianità perché acclaratamente colpevole di aver omesso di segnalare l'incompatibilità che (in seno al suo ufficio) le derivava dalla convivenza more uxorio con il finanziere Michele Miccoli, il sottufficiale che sarebbe stato poi condannato per fatti inerenti la gestione della stessa indagini in primo grado a tre anni e quattro mesi per concussione, calunnia e falso.

Una situazione che rende il pubblico ministero non particolarmente credibile in una indagine che riguarda rapporti personali e sentimentali. In America non sarebbe accaduto. Il procuratore generale di New York che fece causa al produttore Harvey Weinstein interpretando le posizioni del #MeToo ha annunciato le proprie dimissioni. Quattro donne che hanno avuto relazioni con lui hanno dichiarato di aver subito violenza e di essere state ripetutamente picchiate da lui in stato di ubriachezza. Arrivando a minacciarne una di farla pedinare e di farle intercettare i telefoni.

Davanti alla confessione delle donne, il procuratore ammette di aver partecipato a giochi di ruolo e altre attività sessuali consenzienti. Una nemesi. A smascherarlo, dopo l'azione giudiziaria su Weinstein, è stato Ronan Farrow, figlio di Woody Allen e Mia Farrow, che aveva scritto gli articoli sullo scandalo di Hollywood.

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