"Processo per i vertici Etruria". L'accusa: ostacoli ai controlli

Il procuratore capo Rossi chiede il rinvio a giudizio per l'ex presidente che mise il padre della Boschi nel cda. Ma sono in arrivo altre sorprese

"Processo per i vertici Etruria". L'accusa: ostacoli ai controlli

Riceviamo e pubblichiamo.

Egregio Direttore,

in nome e per conto del dottor Nataloni, si chiede la seguente rettifica ai sensi dell’articolo 8 legge n. 47/1948.

Sono stati riportati fatti non veri, di particolare gravità ove si afferma che Banca Etruria avrebbe autorizzato finanziamenti ad aziende in difficoltà, chiedendo loro in cambio di avvalersi della consulenza finanziaria del Dottor Nataloni. Si menziona espressamente la Td Group Spa.

La Td Group Spa ha avuto rapporti con Banca Etruria dal 1985; i finanziamenti sono stato erogati fino al 2009; il Dottor Nataloni è entrato a far parte del CdA di Banca Etruria solo il 15.12.2011.

La fattura riportata non è dunque prova di “ambiguità” alcuna, ma semplice conseguenza di un rapporto professionale triennale avente ad oggetto l’assistenza per la presentazione di un piano di risanamento che interessa ben undici banche: incarico, questo, ovviamente noto alla banca e formalmente segnalato dal Dottor Nataloni quale potenziale conflitto d’interesse, come rilevato dallo stesso verbale ispettivo di Banca d’Italia.

Analoghe considerazioni in merito all’anteriorità delle delibere e dell’erogazione dei finanziamenti rispetto alla presenza in CdA del Dottor Nataloni possono essere verificate anche in relazione alle altre posizioni segnalate.

In ogni caso le delibere in materia di erogazione del credito, salvo le sole posizioni ex 136 TUB da approvarsi all’unanimità, non erano di competenza del CdA ma del Comitato Esecutivo, del quale il Dottor Nataloni non ha mai fatto parte.

Avvocato Gaetano Viciconte – Avvocato Filippo Busoni

E pur (qualcosa) si muove. Così come disse Galileo Galilei nel 600 al tribunale dell'Inquisizione, oggi gli obbligazionisti truffati lo dicono al tribunale di Arezzo. Dopo settimane di incomprensioni, silenzi, contraddizioni e insinuazioni, il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, si ficca dentro al pantano di Banca Etruria. E lo fa puntando dritto verso gli ex capi dell'istituto. I rinvii a giudizio per Giuseppe Fornasari che ha rivestito il ruolo di presidente fino all'aprile del 2014, per Luca Bronchi, suo direttore generale che restò in carica qualche mese in più e per Davide Canestri, direttore centrale, sono arrivati prima della fatidica data dell'8 febbraio, quando il collegio fallimentare si riunirà per discutere lo stato di insolvenza presentato dal commissario liquidatore, Giuseppe Santoni, propedeutico per ipotizzare il reato di bancarotta fraudolenta contro gli ex amministratori: l'ex presidente Lorenzo Rosi, i suoi vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro Maria Elena, oltre a tutti i membri del cda dal 2010 in poi.

Due le contestazioni della procura: la cessione della società Palazzo delle Fonti, che conteneva quasi tutto il patrimonio immobiliare della banca e la non corretta comunicazione, nel 2012, della situazione economica e patrimoniale della banca. I tre sono accusati di ostacolo alle autorità di vigilanza, con pene dai 4 agli 8 anni, aggravate dal fatto che Banca Etruria è quotata in borsa, avendo fornito a Banca d'Italia dati non veritieri sulla situazione già disastrosa dell'istituto. Per qualche giorno la palla passa agli avvocati difensori, rispettivamente Antonio D'Avirro, Antonio Bonacci e ancora Luca Fanfani (figlio dell'ex sindaco Giuseppe, già legale della famiglia Boschi, oggi membro laico del Csm in quota renziana), che possono chiedere interrogatori o integrazioni di documenti. L'udienza davanti al gup resta comunque fissata: 10 marzo.

Voci di corridoio davano da tempo il procuratore Rossi pronto all'attacco. La chiusura indagini del primo filone dell'inchiesta, appunto sull'ostacolo alla vigilanza, era nell'aria, così come gli sviluppi sul secondo fascicolo, quello su alcune fatture che, per la procura, sono state emesse per operazioni inesistenti. Da questo filone d'inchiesta esce Rosi, l'ultimo presidente della banca, indagato nel terzo fascicolo sul conflitto di interessi, insieme all'ex consigliere Luciano Nataloni (già vicepresidente di Banca Federico Del Vecchio acquisita nel 2006 da Etruria), titolare dello studio commerciale associato di Firenze che ha come clienti alcune delle aziende finanziate dalla banca. La procura ipotizza per loro il conflitto di interessi per circa 185 milioni di euro di fondi deliberati, di cui ne sarebbero stati erogati realmente 140 a vantaggio di ex membri del cda ed ex sindaci revisori.

L'inchiesta su Fornasari, Bronchi e Canestri, invece, è stata aperta dalla procura aretina a fine 2013, dopo che a Rossi arrivò la relazione degli ispettori di Bankitalia su Etruria i quali avanzavano criticità di rilevanza penale nel bilancio 2012, ovvero quando Pierluigi Boschi, faceva già parte del cda della banca, chiamato dallo stesso Fornasari (presidente dal 2009) come rappresentante del mondo dell'agricoltura e della Coldiretti.

Tanto per definire un po' il personaggio, Fornasari è nel board della banca dal 2005: democristiano di ferro, deputato per quattro legislature, sottosegretario di due governi Andreotti, ma in particolare grande esperto di nomine bancarie ed amico dei pezzi da novanta della finanza, quelli che in quegli anni si spartivano le poltrone delle Casse di Risparmio.

Fornasari divenne presidente nel 2009 succedendo al massone Elio Faralli (morto nel 2013), padre-padrone di Popolare Etruria per 29 anni, appartenente alla loggia del Grande Oriente, al termine di un duro scontro tra massoneria e Opus Dei.

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