L'estetica femminista, viva il Re. Le parole della settimana

Le parole della settimana: l'estetica femminista di Carola Rackete, Milano pride, il mondo parallelo delle scrittrici femministe … e dei democratici americani, insieme alla Segre, viva il Re.

L'estetica femminista, viva il Re. Le parole della settimana
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Proviamo a dare un po' di colore poetico alle notizie in bianco e nero che circolano sul web, di seguito alcuni dei fatti più cliccati della settimana visti attraverso un filtro a colori

L'estetica femminista di Carola Rackete

Le rivoluzioni fatte con le idee durano un po', quelle fatte con l'estetica rischiano di cambiare il corso del globo molto più a lungo. Le gambe pelose di Carola Rackete, ostentate in pubblico e divenute oggetto di dibattito mediatico, finiscono in questo mondo binario per creare il solito meccanismo bianco e nero, con la conseguenza che c'è chi le difende e ci sono ragazzine che finiscono per emularle. Il mondo in bianco e nero non ha abbastanza intelligenza emotiva, neppure artificiale, per riconoscere la dimensione del disgustoso.

Milano pride

Un meccanismo analogo avviene nei “pride” (e guardacaso sempre in inglese, come se non esistesse la parola italiana "orgoglio"), come per esempio nell'ultimo, a Milano, tra parate e accuse di molestie. Il “pride”, il luogo dove le battaglie che gli omosessuali hanno combattuto per trovare un posto nella società vengono banalizzate e trasformate in un vero e proprio rito, fatto di gerarchie, simboli e soprattutto potere. Sì, perché ogni rito genera potere e infatti i potenti fanno a gara ad accaparrarsi il sacerdozio di questa liturgia. Viva la libertà, viva le società libere, ma viva prima di tutto la consapevolezza.

Il mondo parallelo delle scrittrici femministe

Un concorso letterario sceglie cinque finaliste, donne. Nessuna sorpresa, oramai è normale addirittura prevedere concorsi letterari a cui possono partecipare solo donne. Il tema trainante è la violenza “di genere”. Una delle finaliste, che poi non ha vinto, denuncia sui social “una storia di ordinario sessismo” avvenuta al concorso. E giù tutte le femministe a darle ragione. Cos'è successo di tanto grave? Lo racconta la stessa scrittrice. Un giurato le ha rivolto due volte la parola, dicendo prima in pubblico “Io non ti farò domande sulle storie d’amore, voglio farti una domanda su Kafka”, poi in privato “Ma allora alla fine ti sei fidanzata?”. E lei subito a chiedersi: “A uno scrittore sarebbe mai stato chiesto con tale paternalismo?". La risposta è semplicemente no, perché oramai se non sei donna in finale a un concorso del genere non arrivi, come dimostrano i fatti. Alla fine forse l'unica colpa del giurato era quella di essere uomo. Finché ne resterà uno sulla terra, le femministe non smetteranno di piangere il loro vittimismo.

… e dei democratici americani

Sembrava quasi surreale lo scontro televisivo tra Trump e Biden e ora i democratici americani sperano di risollevare le sorti delle elezioni rispolverando due donne. Una, la vicepresidente Kamala Harris, come è stato autorevolmente sostenuto anche da Rampini, è tale solo in quanto donna e nera, l'altra, Michelle Obama, è in corsa solo in quanto "moglie di". Proprio come accadde con Hillary. I democratici semplicemente vivono in un mondo parallelo che esiste solo entro il perimetro della loro ideologia del momento. Trump prepara già le celebrazioni della vittoria.

Insieme alla Segre

Liliana Segre è una voce da ascoltare, con il rispetto che si deve a chi preserva la memoria, anche delle cose più terribili. Per questo va ascoltata sul serio la sua presa di posizione netta contro i ragazzi “di destra” che si accompagnavano alla narrazione e ai simboli antisemiti. Condanna netta e totale. Almeno quanto dovrebbe essere netta e totale la condanna nei confronti dell'antisemitismo strisciante che ha conquistato le frange estreme di una nuova generazione cresciuta su tiktok e che oggi ha come riferimenti l'intifada e “from the river to the sea”.

Viva il Re

E mentre Vittorio Emanuele IV trovava finalmente spazio fra i suoi antenati a Superga, Emanuele Filberto è andato a Nervesa, al sacrario militare della prima guerra mondiale a inaugurare in cippo per il milite ignoto e anche qui qualcuno, persino in sedi istituzionali, ha sollevato polemiche da cancel culture.

Qualcuno vuole cancellare il nostro passato per poter avere potere totale sul presente. Forse il vero problema sono i social che ci hanno resi incapaci di distinguere ciò che dovrebbe stare in un dibattito pubblico dalle chiacchiere inutili che, come ricordava Umberto Eco, andavano bene al bar. Viva il Re.

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