PopSondrio, i piccoli soci nel fortino: “Non siamo prede”

Nuovo comunicato contro l’Ops di Bper: “Punta a svuotare il nostro valore”

PopSondrio, i piccoli soci nel fortino: “Non siamo prede”

Nel cuore delle Alpi, dove le cime si ergono maestose e indomabili, la Banca Popolare di Sondrio si fa simbolo di una lotta che va oltre il semplice calcolo economico. La battaglia per la sua autonomia si accende, e i piccoli soci, custodi di una storia e di un’identità radicate nel territorio, rispondono con fermezza all’offerta pubblica di scambio lanciata da Bper con il sostegno di Unipol. “Non siamo prede, ma una banca radicata”, affermano con orgoglio, ribadendo la loro ferma opposizione. L’Associazione degli azionisti retail denuncia l’offerta come un’“operazione ostile” che mira a svuotare il valore costruito nel tempo. Non si tratta di un rifiuto emotivo, ma di una valutazione razionale, di una difesa di ciò che è stato faticosamente conquistato. Il riferimento all’emotività è rivolto all’ad di Bper, Gianni Franco Papa, che aveva commentato le prime valutazioni negative del cda della Popolare come dettate dal sentimento più che dalla ragione. “Non è un’operazione neutra, ma un’iniziativa ostile che punta a svuotare il valore costruito nel tempo dalla Popolare di Sondrio”, tuonano i piccoli soci.

Nel cuore delle Alpi, la banca nata nel 1871 si aggrappa alla sua storia e alla sua identità cooperativa, consapevole che l’inglobamento in un grande gruppo significherebbe perdere il legame con il territorio e vedere ridimensionata la propria autonomia decisionale. “I numeri parlano chiaro: l’efficienza della Popolare di Sondrio è superiore a quella di Bper”, sottolineano, lasciando intendere che l’operazione sia più un tentativo di appropriarsi della solidità e del radicamento dell’istituto valtellinese che una reale fusione tra pari.

Il cda alza le barricate

Anche il cda della Popolare di Sondrio, infatti, aveva preso posizione, sottolineando che l’offerta non è stata “in alcun modo sollecitata né concordata” con la banca e ribadendo che la valutazione dell’operazione sarà condotta con “gli strumenti e le modalità previste dalla legge”. Dietro il linguaggio istituzionale, traspare una netta freddezza: il timore è che i 190 milioni di sinergie di costo prospettati da Bper si traducano in tagli al personale e in una riorganizzazione drastica che potrebbe snaturare l’attuale modello di servizio della Popolare.

La banca valtellinese aveva sottolineato poi un altro aspetto: “L’offerta non riflette il percorso di creazione di valore della banca in ottica stand alone”, lasciando intendere che il progetto di crescita autonoma sarebbe stato bruscamente interrotto. Il piano industriale 2025-2027, di cui la Popolare promette di svelare presto i dettagli, potrebbe essere l’arma con cui dimostrare al mercato che esiste un’alternativa concreta all’aggregazione proposta da Bper.

Papa insiste: “La nostra è un’operazione di valore”

Dal canto suo, Gianni Franco Papa, amministratore delegato di Bper, al Congresso Assiom Forex di Torino aveva ribadito che l’Ops non è una mera operazione finanziaria, ma un progetto industriale “fondato sulla crescita e sulla solidità patrimoniale”. “Abbiamo fatto un’offerta che prezza la Popolare di Sondrio per tutto il suo valore”, aveva affermato, sottolineando il sostegno di Unipol e l’importanza di creare gruppi bancari più grandi e competitivi nel panorama italiano ed europeo. Ma alle parole del banchiere modenese si era contrapposto il glaciale commento del vicedirettore generale della Popolare, Mario Erba, che alla domanda sulla possibilità di conservare l’autonomia della banca si limita a un laconico: “Vedremo, non sono situazioni in cui la fiducia cambia qualcosa”.

Un segnale che nel quartier generale valtellinese nessuno si fa illusioni sulle reali intenzioni dell’operazione: il rischio di perdere l’identità e di veder svanire quel modello di banca locale che ha fatto la storia dell’istituto è più che concreto.

Unipol e il disegno sulla bancassicurazione

Intanto, da Bologna, Unipol (azionista di Sondrio con il 19,7% e di Bper con il 19,8%) aveva confermato il suo sostegno all’operazione, puntando sulla sinergia tra banca e assicurazione. “La fusione andrà a incentivare e a tenere alta l’attenzione sulla bancassicurazione e sulle nuove opportunità di business”, aveva affermato il ceo Matteo Laterza, convinto che la rete distributiva di Bper abbia ancora margini di crescita nella vendita di prodotti assicurativi. Un messaggio chiaro: dietro l’operazione c’è anche la volontà di rafforzare la bancassicurazione come pilastro strategico del nuovo soggetto bancario.

Una battaglia di principi (e di numeri)

Lo scontro, ormai, si gioca su due livelli: da una parte la Popolare di Sondrio, che si aggrappa alla sua indipendenza e alla logica di una crescita autonoma; dall’altra Bper e Unipol, che puntano sulla necessità di aggregazioni per costruire una banca più grande e competitiva. Il mercato avrà l’ultima parola, ma la resistenza dei piccoli soci della Popolare ha già assunto un valore simbolico: un’ultima difesa di un modello di banca locale, in un mondo sempre più dominato dai colossi della finanza.

Come nelle montagne che circondano Sondrio, dove le cime resistono imperturbabili ai venti del tempo, così gli azionisti della Popolare (la cui

iniziativa tutto appare fuorché estemporanea) si preparano a dare battaglia fino all’ultimo respiro. Perché, come insegna la storia della banca, la vera forza non è solo nei numeri, ma nell’identità che essi rappresentano.

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