!["Condizioni di lavoro ormai insostenibili. Dobbiamo puntare sul lavoro di squadra"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/09/1739082249-12264975-small.jpg?_=1739082249)
Negli ultimi tempi si è diffusa una narrazione secondo cui i medici di famiglia lavorerebbero soltanto 3-4 ore al giorno, ma il segretario nazionale della Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), Silvestro Scotti (nella foto), ha respinto con fermezza questa visione, definendola completamente falsa e scollegata dalla realtà.
Secondo Scotti, chi sostiene tali affermazioni probabilmente non ha mai frequentato uno studio medico. L'attività quotidiana di un medico di famiglia è molto più complessa e articolata di quanto si possa immaginare: comprende non solo le visite ambulatoriali programmate e urgenti, ma anche visite domiciliari, assistenza nelle RSA, gestione della burocrazia amministrativa, contatti telefonici con i pazienti, diagnostica di primo livello e campagne vaccinali. Tutto ciò porta il carico orario a superare ampiamente le 38 ore settimanali. Per chi assiste meno di 1.500 pazienti, già si prevede di aggiungere un numero crescente di attività oraria che potrà svolgersi nelle case della comunità.
Un recente studio condotto dal Cergas-Bocconi ha stimato una media giornaliera di 35 contatti diretti tra medico di medicina generale e pazienti che diventano 70 sommando quelli indiretti. Questi dati confermano l'intensità e la complessità del lavoro svolto da 40mila medici di famiglia oggi.
Per migliorare questa situazione e garantire una migliore assistenza ai pazienti, Scotti ha sottolineato la necessità di investire sull'organizzazione. È fondamentale dotare i medici di famiglia di personale amministrativo e infermieristico e favorire il lavoro in team nelle medicine di gruppo. Oggi circa un terzo dei medici opera già in questo contesto, che si dimostra essere il più solido anche per prevenire fenomeni di burnout.
Rispetto al tradizionale modello del medico solista, il lavoro in gruppo offre numerosi vantaggi: consente una gestione condivisa dei pazienti, maggiore efficienza organizzativa e una migliore qualità della vita per i medici. Tuttavia, Scotti ha espresso preoccupazione per il crescente abbandono della professione a causa delle condizioni di lavoro insostenibili e dell'eccessivo afflusso di pazienti.
In prospettiva, accanto alle case della comunità hub, si potrebbero sviluppare case della comunità spoke, rappresentate da gruppi di medici che operano in rete con gli studi presenti nei paesi e frazioni più isolate. Questi gruppi dovrebbero essere supportati da personale di studio e strettamente collegati con le strutture hub per garantire una presa in carico completa dei pazienti anche insieme con le altre professionalità sanitare e sociali.
«Se vogliamo prevenire la carenza di medici, dobbiamo abbandonare il vecchio modello del medico solista, ormai insostenibile», ha aggiunto Scotti, ribadendo la necessità di investire nelle medicine di gruppo e nella rete territoriale.
«Esistono già strumenti efficaci per migliorare l'assistenza territoriale senza stravolgere il sistema. L'Accordo Collettivo Nazionale attualmente vigente prevede già 4 milioni di ore previste per le Case della Comunità, finanziate nel fondo sanitario, tra le 20 milioni di ore già garantite dai medici di medicina generale.
Il rinnovo dell'ACN 2021-2024 è fermo da oltre un anno, con l'emanazione dell'atto di indirizzo si permetta finalmente di introdurre i correttivi necessari ha concluso il segretario nazionale della Fimmg per offrire alle Regioni la certezza operativa nelle Case della Comunità che oggi chiedono».BruMar
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