
Sul fine vita il governatore Attilio Fontana rivendica le scelte fatte dalla Regione e difende l'assessore al Welfare Guido Bertolaso dagli attacchi di Fratelli d'Italia dopo il primo caso di suicidio assistito in Lombardia. Ma la maggioranza si incarta in Consiglio regionale sulla mozione della Lega che chiedeva di vietare il velo, come il burqa o il niqab, nei luoghi pubblici, anche quelli comunali, e nelle scuole. La mattinata era cominciata con le parole di Fontana. Il presidente, sul fine vita, non arretra: «Secondo me e secondo Bertolaso la sentenza della Corte costituzionale ci mette nelle condizioni di dare delle risposte e quindi bisogna darle anche in assenza di una legge» spiega Fontana, auspicando comunque un intervento nazionale. FdI resta contraria «sia nel merito sia nel metodo», ma Fontana smorza le polemiche: «Credo che si sia chiarito tutto» assicura il governatore, piuttosto netto anche sulle dimissioni che avrebbe paventato ieri Bertolaso durante una giunta dai toni piuttosto accesi: «Ma no, non ci sono problemi».
E comunque, «credo che Bertolaso abbia fatto esattamente quello che doveva fare». FdI non ci sta, con il consigliere regionale Matteo Forte che ha annunciato un'interrogazione a Bertolaso, anche se sarà direttamente Fontana a replicare sul tema in Aula, come riferito dal sottosegretario Mauro Piazza: «Quello che è avvenuto è molto grave e deve essere chiarito» dice Forte, il promotore della pregiudiziale votata lo scorso novembre dal Consiglio per affermare la non competenza della Regione sul fine vita, parlando, non a caso, di una decisione «aggirata».
Alta tensione anche sulla mozione sul velo islamico, specie dopo l'altolà alle strumentazioni del coordinatore lombardo di Forza Italia Alessandro Sorte. Al documento della Lega, un testo «islamofobico» secondo Luca Paladini del Patto civico, sono stati presentati due emendamenti. Il primo, di Forza Italia, elimina la dicitura «velo islamico», sostituita col divieto di tutti gli indumenti che possano coprire il volto.
Il secondo, di FdI, che invita il governo a valutare l'estensione del divieto dell'uso del velo a scuola anche per «garantire la reale possibilità per le giovani donne di autodeterminarsi liberamente» favorendo così «la loro piena integrazione». In entrambi i casi, comunque, i documenti «non ci entusiasmano» commenta il forzista Giulio Gallera, che auspicava il ritiro sia della mozione della Lega sia di quella del Pd che affermava che nessuno può imporre alle donne come vestirsi, per fare un lavoro più approfondito: «Se pensiamo che l'integrazione e la garanzia di autodeterminazione delle donne si realizza tramite un divieto facciamo un errore gigantesco di comprensione di quello che sta succedendo nel nostro Paese - osserva Gallera -. Il lavoro che va fatto è nelle scuole e nelle famiglie».
Alla fine la mozione è stata votata e
approvata per parti separate, con gli azzurri che non hanno partecipato sul punto introdotto da FdI sulle scuole che è stato respinto con il voto segreto e quindi anche con il favore di qualche franco tiratore della maggioranza.
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