Quello che c'è dietro il partito islamico di Soumahoro

Moschee abusive, canti islamici e sharia. Viaggio a Monfalcone, dove i musulmani si sono fatti il loro movimento

Quello che c'è dietro il partito islamico di Soumahoro
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“Nascerà Italia plurale”. Era il 24 maggio scorso quando l’onorevole Aboubakar Soumahoro presentava la sua nuova creatura. Uno spazio per gli “invisibili”, per tutte quelle persone straniere nate in Italia che ancora vivono nelle disuguaglianze: così l’ha sempre descritto il deputato senza mai parlare del “partito di Soumahoro” nonostante le molte domande a riguardo.

Ed ecco che, a pochi giorni dalle elezioni a Monfalcone, uno dei baluardi islamici italiani per eccellenza, si candida a sindaco Bou Konate, proprio con il simbolo di Italia Plurale. A spasso per le strade del paese c’è anche Suoumahoro a suo fianco, a distribuire volantini partecipando attivamente alla campagna elettorale contro una sinistra muta e una destra, quella a fianco dell’ormai eurodeputata Anna Maria Cisint, sempre stata bollata come nemico assoluto dell’Islam.

Che Soumahoro abbia deciso di lanciarsi in questa nuova avventura elettorale non stupisce e nessuno glielo vieta, anzi. Ciò che sta creando tensione è però la lista dei candidati a governare la città. Konate, ex assessore proprio a Monfalcone, che aspira a diventare primo cittadino parla di “lista non islamica”, addirittura prendendosela con i media che “ci hanno sempre descritto come i cattivi, i diversi, coloro che vorrebbero appropriarsi della cultura italiana e cambiarla”. A prescindere da destra, sinistra, nemici politici e propaganda ci sono però i fatti certi: la lista presenta 19 candidati, nessuno dei quali ha origini italiane, tutti musulmani, una sola donna e la maggior parte rappresentanti di associazioni culturali islamiche. Leggendo i curricula degli aspiranti politici si va dalla parrucchiera, al magazziniere, ai molti operai di Fincantieri, alle rappresentanze di centri islamici.

Niente di male ma è chiaro che se il buon Konate nel suo programma elettorale punta tutto sulla “competenza”, va da sé che di competenze specifiche qui non ce ne sono. Ma non è tutto: girando sui social sui profili dei candidati di spicco appaiono solo ed esclusivamente sermoni di profeti islamici, bambine velate, donne con il burqa, tradizioni islamiche. Non stupisce, del resto passeggiando per Monfalcone sembra di essere a La Mecca. Stupisce invece che proprio coloro che sono rimasti così affezionati alla cultura e alla religione del proprio paese d’origine vogliano ora rappresentare l’Italia, di cui non condividono valori, né usi e costumi.

“Bisogna rimediare agli errori del passato” dichiara l’aspirante sindaco Konate in tema di programma elettorale, ma in quale modo crede di poter far coincidere la nostra costituzione con un Islam che odia l’Italia, un islam che fa a cazzotti con le regole del nostro paese, un islam che non si integra, non l’ha mai fatto e non ha intenzione di farlo, soprattutto a Monfalcone.

A dimostrazione di ciò è proprio la “campagna elettorale araba”: le presentazioni dei candidati, compreso capolista, sono tutte nella lingua originaria: dal bengalese, al senegalese fino al pakistano. Fioccano dichiarazioni incomprensibili, con didascalie anch’esse scritte in lingua straniera. Non è solo il linguaggio ma anche la forte appartenenza alla religione islamica: “Assalamualaikum”, così inizia ogni spot elettorale, che è il modo islamico per iniziare una conversazione e che testualmente significa “la pace sia con voi”.

Che ognuno sia libero di professare la propria religione è sacrosanto, come che ognuno a casa propria decida di parlare la propria lingua e di mantenere le proprie tradizioni, discutibili o meno. Ma l’ardire di proporsi come rappresentanti di una città italiana, per di più negando l’evidenza dell’osservanza alla sharia e ai suoi dettami, puntando il dito contro italiani che non capiscono, sembrerebbe essere una mossa elettorale quantomeno ipocrita.

Cosa ci possiamo aspettare da persone nate in Italia - come Soumahoro ribadisce

sempre e comunque - ma che in tutta la propria vita ancora parlano la propria lingua e che nemmeno durante una campagna elettorale decidono di adattarsi al paese in cui vivono e in cui hanno deciso di impegnarsi politicamente?

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