Le ultra femministe: i maschi in terapia e vietato incrociare le donne per strada

Il movimento e gli obblighi di genere Eurispes: angosciante disagio dell'uomo

Le ultra femministe: i maschi in terapia e vietato incrociare le donne per strada
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Qual è la radice delle derive umane? Generalizzare, sottrarre articolazione ai fenomeni e appiattirli lungo una linea che non prevede diversificazioni. Procedere quindi per tunnel, privandosi della possibilità di scegliere altre strade, di sicuro più luminose e certamente più umane. È l'augurio che faccio ogni giorno al movimento femminista, che al contrario sposa il percorso della limitazione, e nelle frange più estreme ha preso quello che all'inizio era un istinto e l'ha traslato prima in consapevolezza a senso unico e poi in ottusità insistita. La mia non è una mera impressione, visto che questa specifica rinuncia al confronto è stata rilevata anche dall'Istituto Eurispes. I dati, pubblicati ieri, parlano dell'angosciante disagio maschile dovuto a un isolamento di genere sempre più frequente; parlano di uomini volutamente messi da parte, castrati nella loro dimensione pubblica e usati solo come insieme indistinto su cui gettare discredito.

Sembrerà paradossale, ma l'Eurispes invita a parlare di diritto all'inclusività anche per gli uomini. Infatti, pur sottolineando in certi casi la permanenza di dinamiche tossiche improntate alla sopraffazione, sopraffazione davvero patriarcale, in molti altri è evidenziata la necessità di un raffronto paritario che al momento è assente, uno spazio non giudicante che permetta non solo alle donne di esprimersi e di instaurare comunicazioni degne di questo nome. Quando ciò non accade, condizione che si sta verificando spesso, i risultati più insulsi non tardano a giungere. È successo anche negli ultimi giorni, dopo i barbari femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula, cui ha fatto seguito l'immediata reazione femminista, che è stata la medesima di tante altre occasioni: ruggire contro l'intero genere maschile, dichiarare il disgusto per qualsiasi gesto esso possa compiere e incolparlo aprioristicamente: solo in quanto possessore di un cromosoma Y, solo perché maschio, e dunque essere vivente da denigrare.

Ma ciò non basta, poiché queste novelle amazzoni stanno anche discutendo, anzi legiferando, su una serie di strategie «di sicurezza» indirizzate puntualmente agli uomini, con cui instaurare un regime di polizia morale e dar vita a un vero e proprio apartheid sulla base del sesso. E vediamola qualcuna di queste nuove, esaltanti idee di rieducazione. La prima: psicoterapia obbligatoria per tutti gli uomini, e per i nuovi nati a partire dall'infanzia. La seconda: divieto assoluto di incrociare una donna per strada e in ogni altro luogo, pubblico o privato fa lo stesso (quindi se vedi una donna gira i tacchi in ogni caso e in ogni caso cambia direzione). La terza: tacere sempre e comunque all'interno di dibattiti sulla condizione femminile, ma allo stesso tempo condividere, specie online, i contributi digitali o altro genere di materiale realizzato da donne.

Ora quest'etica comportamentale fresca fresca di approvazione emotiva, quest'ordinamento megalomane e avulso da ogni aderenza alla percezione del mondo, anche alle sue manifestazioni più spicciole e quotidiane, questo dovrebbe spingerci a considerare la situazione attuale nella sua più profonda gravità e dissociazione, soprattutto alla luce del punto più indigeribile dell'intera vicenda: la volontà femminista di rendere tutti gli uomini un solo grande abominevole uomo da incolpare all'infinito, il rifiuto di scendere a patti con la differenziazione delle

persone e prima ancora delle identità, identità maschili per la precisione. Rendere tutto moltitudine, massa, indifferenziazione. Non dialogare mai e poi mai, neanche per sbaglio. Lavorare per la vendetta anziché per la parità.

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