
È il generale Robert Brieger, presidente del Comitato militare dell'Ue (Eumc), a suonare la carica. Le discussioni in corso a Monaco all'annuale vertice sulla sicurezza «evidenziano ancora una volta l'urgenza di una Difesa forte dell'Ue» capace d'agire con i partner. «O, quando necessario, da soli». Messaggio chiaro, che segue l'annuncio di Von der Leyen: scorporare le spese in armamenti dal computo debito pubblico/Pil.
L'Ue prova a rispondere così alle minacce trumpiane di disimpegno Usa dal Vecchio Continente. Con formule concrete per il riarmo. «Faremo come per l'emergenza Covid», dice la presidente della Commissione. Soddisfatto il ministro degli Esteri Tajani: «Ciò ci permetterà di lavorare meglio mantenendo gli impegni Nato», spiega notando che l'Italia da tempo proponeva flessibilità per investimenti militari.
«Il mondo è cambiato», ha ammesso ieri il commissario Ue per l'Economia Dombrovskis: disinformazione, attacchi informatici, sabotaggio, «minacce reali e imminenti». Da Mosca ma non solo: «Serve agire ora per colmare le lacune nell'industria europea prima che sia tardi, mobilitando spese ambiziose nazionali e Ue». L'atteggiamento di Trump scuote l'Europa e innesca retromarce anche negli strenui difensori dei vincoli di spesa. Dopo l'incontro Nato col capo del Pentagono Hegset a Monaco («Ci ha detto che abbiamo goduto della protezione americana senza costi per 70 anni preferendo investire in ambito sociale più che in Difesa»), il ministro Crosetto si felicita della virata Ue per responsabilità maggiori. Ma la strada è in salita. A marzo, la Commissione europea pubblicherà il Libro bianco sulla Difesa. Proposte entro l'estate.
Carta canta, che non sempre conta. Litri di inchiostro usati finora per definire, già nel 2022, la Bussola Strategica: prevedeva di potenziare entro il 2030 l'effettiva capacità di difesa e maggior autonomia; se non con un esercito comune, con forza bellica uniformata. L'idea di un «Made in Europe», complementare alla Nato, c'era insomma già prima che arrivasse «un nuovo sceriffo in città» (il copyright è del vicepresidente Usa riferito a The Donald). Mancava però un dettaglio: come realizzarla e finanziarla. La Germania a trazione socialdemocratica non ha mai dato placet per concretizzare le ipotesi messe in campo dall'Italia. Eurobond, flessibilità, cambio del mandato della Banca europea degli investimenti. Il probabile prossimo cancelliere, il cristiano-democratico Merz, ieri ha invece aperto a deroghe al Patto di Stabilità. Far saltare regole in modo settoriale per investire i 500 miliardi in 10 anni necessari per aiutare l'Ucraina e garantirsi protezione anche solitaria contro qualsiasi aggressione. Ma «non si parli solo di soldi, serve semplificare, stiamo producendo più di 150 sistemi militari diversi nell'Ue». Potrei essere d'accordo, dice Merz, se introduciamo il tema della standardizzazione, non spendere di più e lasciare tutto come in passato. Promette pure il presidente del Consiglio europeo Costa (vero tavolo decisionale dei capi di Stato e di governo): «Agire più forti, più rapidamente nella creazione dell'Europa della Difesa». Ucraina primo banco di prova. Ieri anche Zelensky ha chiesto di dar vita a un esercito comune, con dentro Kiev. L'impegno a fornire armi e munizioni finora ha costretto l'Ue a comprare altrove: negli Usa in primis. Un cortocircuito da tempo segnalato anche da Macron che assieme all'Italia chiedeva una soluzione di portafoglio per produrre più armi in Europa.
Crosetto, sottolineando l'importanza del sostegno ai gialloblù fino a una tregua, frena però su un contingente: «Forze multinazionali solo con un processo di pace solido, non limitate a una missione Ue, ma idealmente sotto egida Onu».
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