Il Viminale studia il caso: l'ipotesi di un testo ad hoc

Si pensa a un ddl, però dal ministero trapela «tranquillità» Salvini attacca: «Siamo l'unico Paese che premia la clandestinità»

Il Viminale studia il caso: l'ipotesi di un testo ad hoc
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Il governo teme un effetto a cascata dopo il verdetto della Cassazione: una pioggia di ricorsi contro lo Stato per incassare i risarcimenti dovuti al trattenimento degli immigrati. Ma non intravede intralci concreti sulla gestione dell'immigrazione irregolare dal Nord Africa (assegnazione dei porti alle navi private, rapporti con le autorità di Tunisia e Libia). La sentenza della Corte di Cassazione, che è bene chiarirlo non entra nel merito ma legittima il migrante a chiedere soldi allo Stato, potrebbe provocare la valanga. Mettendo a dura prova i conti pubblici. Ecco che dunque, da Palazzo Chigi, si studiano le contromosse per neutralizzare gli effetti soprattutto economici (non politici) della sentenza degli Ermellini. La strada più semplice, veloce, che soprattutto i leghisti vorrebbero percorrere, è quella di un decreto legge per bloccare sul nascere eventuali azioni risarcitorie. C'è però il timore di uno stop da parte del Quirinale, che non gradirebbe l'ennesimo intervento (dopo la norma sul passaggio in Corte d'Appello delle decisioni sui trattenimenti in Albania) sulla pronuncia di un giudice. Dal Ministero dell'Interno trapela «assoluta tranquillità». E questo soprattutto perché, in base all'analisi tecnica della sentenza della Cassazione, al Viminale si ritiene che la decisione dei giudici sia sostanzialmente «ininfluente» sulla gestione attuale dell'immigrazione.

Al ministero, infatti, si osserva che dalla Corte si sono limitati a affermare un principio (peraltro non condivisibile). Ma ora viene rimessa alla Corte di appello la concreta determinazione di un possibile risarcimento a favore del singolo ricorrente ospitato a bordo della nave Diciotti. Al di là della affermazione di principio, al Viminale seguiranno la questione per vedere quale sarà l'esito pratico di queste quantificazioni in relazione al presunto, eventuale danno che avrebbero ricevuto dei migranti per essere stati ospitati a bordo di una nave militare italiana, dove sono stati accuditi e rifocillati in seguito ad un salvataggio avvenuto in acque internazionali di competenza non italiana dove si trovavano a bordo di imbarcazioni di fortuna in balia delle onde. L'ipotesi di un decreto per bloccare le richieste di risarcimenti rischierebbe però di incendiare ancor di più il conflitto tra toghe ed esecutivo. Un intervento legislativo resta un'opzione sul tavolo. Si vuole sbarrare la strada alla raffica di azioni legali. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, stavolta, non intende abbassare i toni. Il verdetto della Cassazione viene letto anche come un tentativo di disturbare quel timido dialogo tra governo e toghe. Dal fronte dei magistrati non arrivano rami d'ulivo: «Il nostro principale obiettivo adesso è imbastire tutta una serie di manifestazioni, di incontri, di modalità di comunicazione per portare questo messaggio ovunque e a chiunque» - rilancia Parodi a margine della riunione del comitato direttivo centrale dell'associazione a Roma. Getta benzina sul fuoco Matteo Salvini: «Il problema non è Salvini che non ama i magistrati, ma qualche magistrato che non ama l'Italia.

Permettetemi però di contestare una sentenza incredibile che prevede che dei lavoratori italiani debbano risarcire dei clandestini che ho tenuto in attesa di sbarco perché era mio diritto e dovere farlo, perché entrare in Italia con dei barchini e barconi non è possibile. Siamo l'unico Paese al mondo che premierebbe, stando a questa sentenza, la clandestinità». Duro anche il commento di Maurizio Gasparri (FI): «Una ordinanza che di giuridico ha molto poco. Siamo al fanta-diritto».

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