Daniela Fedi

Foto profilo di Daniela Fedi

Sono nata a Milano dove vivo quando non sono in giro per seguire moda, bellezza, costume e società. Ne scrivo dal 1980 e ancora non capisco perché mi paghino per fare una lavoro che adoro. Ho cominciato nelle pagine milanesi di Repubblica, poi sono entrata in Mondadori dove ho lavorato per 100 Cose, Panorama, Epoca e Linea Italiana. Arrivo in Rizzoli nel 1986 e mi divido tra  Elle, Europeo, Amica e A. Dopo sei anni passo a Class e finalmente nel 1998 approdo a Il Giornale. Insomma ho fatto il Vietnam prima di farmi la fama del navy seals alle sfilate. In realtà non sono tanto cattiva quanto sincera: sono incapace di giocare a tennis con i bignè come vorrebbero alcuni stilisti e uffici stampa. Ho scritto tre libri a quattro mani con Lucia Serlenga e sempre con lei ho curato una mostra per Micam. Adesso per Ilgiornale.it curo il canale Moda & Beauty e da grande vorrei fare l'Alberto Angela della moda in TV

 

Armani prende le perle dalle profondità del mare per trasformarle nella più bella delle sue collezioni d'alta moda. A 19 anni dalla nascita della linea Privè, il più famoso stilista del mondo incanta Parigi con una sfilata sensazionale ispirata dalla serena bellezza della gemma degli abissi. “Per il prossimo inverno – racconta nelle note di collezione - ho creato abiti che evocassero un'idea di eleganza pacata, discreta e allo stesso tempo lussuosa. Le perle con la loro lucentezza che incanta e mai abbaglia mi hanno ispirato nell'immaginare una donna intensa, seducente, dal fascino lunare e appena malinconico”. Colori, iridescenze e perfino i suoni che le collane di perle a più fili producono a ogni movimento del corpo di chi le indossa, diventano modelli d'incredibile modernità per la linea scultorea e al tempo stesso scivolata. Le modelle indossano sempre scarpe senza tacco e scivolano eteree sulla passerella madreperlata. La prima a uscire è Agnese, storica indossatrice della maison. Si comincia inevitabilmente dal magico ensemble armaniano di pantaloni fluidi e piccole preziose giacchine dalle spalle ben insellate. Chiamarlo tailleur sarebbe riduttivo per la perfezione del taglio e per il magico bagliore dorato della seta jacquard. Da qui si passa a un'evanescente gonna di tulle bianco ricamata a perle sotto a una severa giacca da smoking nera. Poi c'è un crescendo rossiniano di neri luminescenti come le perle di Tahiti con cui il Maestro compone i suoi magici completi pantalone in velluto, gli ensemble super donanti di gonna e tunica lunga tagliata a bustier. Ci sono i gilet con cascate di perle e cristalli, i vestiti da sera interamente ricoperti da microperle di caviale, i lunghi abiti in liquida seta iridescente nei classici toni delle perle: bianco, rosa, grigio scuro e nero. Tutto è ricamato, decorato e pieno di dettagli preziosi senza comunque perdere quell'idea di raffinata eleganza e sobrietà che ha reso grande Armani nel tempo. L'11 luglio, tra meno di due settimane, quest'uommo speciale compirà 90 anni. Per l'occasione si regalato un lussuoso palazzo al 21 di rue Francois Premier a due passi da Avenue Montaigne: oltre 2000 metri quadri di marmi policromi, stucchi preziosi e dipinti d'epoca accuratamente restaurati da Armani. I giornali francesi dicono che il valore dell'immobile è astronomico: 50 mila euro al metro quadro. Costruito nel 1864 come abitazione privata, Palazzo Armani diventerà sede dell'atelier con le collezioni di haute couture Armani Privè e gli uffici tra cui quello del designer. Giustamente fiero di questo ennesimo traguardo raggiunto lui dice: ”L'alta moda mi permette di creare abiti avvolti di una magia che nel prét-à-porter è irraggiundibile. Questa collezione è un'espressione perfetta del mio modo d'immaginarla: è grafica, pura, essenziale, ma splendente di bagliori e ricami di perle. Inoltre celebra il potere pacificante della bellezza e dell'armonia”.

Daniela Fedi
Armani veste le donne di perle e per i suoi 90 anni si regala uno storico palazzo nel cuore di Parigi

Gherardo Felloni è dal 2018 l'immaginifico direttore creativo di Roger Vivier, storico marchio di calzature francesi riportato a nuova vita da Diego Della Valle per il Gruppo Tod's. Prima di questa intelligente operazione internazionale Vivier era solo l'autore delle scarpe indossate dalla Regina Elisabetta il giorno della sua incoronazione e di quelle celeberrime riconoscibili dalla grossa fibbia d'argento che Yves Saint Laurent fece indossare a Catherine Deneuve sul set del film Bella di giorno. Oggi c'è un intero mondo di accessori firmati Vivier: borse, cinture, cerchietti e bijoux oltre alla sublime collezione di Pièce Unique chiamata Viv'Choc. “Questa è la terza che faccio” diceva ieri Felloni davanti alle 15 borse e ai 4 gilet fatti a mano con i materiali più preziosi. Stavolta l'ispirazione sono gli insetti per cui c'è una borsina da sera che su una base di organza nera dispiega le ali di una farfalla Icarus minuziosamente riprodotte da innumerevoli perline di strass nere e blu. Tra le tre borsine dedicate alle coccinelle c'è Luck be a Lady con gli insetti portafortuna posati sulla catena dorata del manico mentre il resto della borsa prospera la perfetta riproduzione in strass verdi del fogliame su cui vivono le coccinelle. Lady Ruby è tanto una borsa quanto un gilet con innumerevoli coccinelle di perline rosse e pois neri. Poi c'è la tela di ragno con cascate di perle appese su una rete metallica che riveste la borsa in raso bianco mentre su quella in raso nero le perle sono di cristallo per riprodurre le gocce di rugiada imprigionate nella tela. Per queste meraviglie bisogna preventivare una spesa dai 35 mila ai 120 mila euro.

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Gli insetti delle meraviglie da Roger Vivier

Nell'elegante assurdità dell'alta moda francese esiste una cosa tanto fondamentale quanto invisibile ai più che si chiama “Toile à patròn”, ovvero la tela bianca (in genere è mussola secondo i casi più o meno leggera) su cui i couturier studiano caduta e volume di ogni nuovo modello. Dopo questo primo passaggio si usano i materiali prescelti: tessuti, pellami, pizzi e ricami d'ogni tipo per costruire degli autentici capolavori da indossare. Il designer americano Thom Browne ha dedicato alla toile l'intera collezione uomo e donna in passerella l'altra sera a Parigi sotto gli stucchi Belle Epoque del Musée des Arts Décoratìf coperti da chilometri di mussola bianco-lana. Visto che siamo a pochi giorni dall'inizio delle Olimpiadi, lo show è cominciato con 16 atleti in divisa da parata (gonna a pieghe tipo kilt e blazer d'ordinanza) che si sono cimentati nel tiro alla fune sotto gli occhi divertiti di Serena Williams. Quest'ultima sfoggiava la classica borsa a forma di bassotto che il designer ha creato anni fa all'arrivo del suo adorato cane Hector. Poi in passerella è comparsa una sorta di dea dello sport in peplo e alloro in testa seguita a ruota da modelle e modelli vestiti con tutto ciò che piace a Thom Browne inteso come pantaloni corti per uomo in qualsiasi stagione, giacchette piuttosto piccole e gonne a pieghe asimmetriche per uomini e donne, severe redingote dal taglio impeccabile e grandi cardigan sportivi. Il tutto in mussola bianca, ovvero la Toile, ma con il classico bordino che ormai è l'etichetta di Browne: una striscia in gros grain as righe bianche, rosse e blu come la bandiera americana. Ai francesi piace ricordare che la loro bandiera ha gli stessi colori ed è molto più antica di quella a stelle e strisce, ma al designer stavolta piaceva trasformare un work in progress nell'opera finita e in questo senso ha fatto un bellissimo lavoro. Tra i capi più interessanti due cardigan giganteschi con la toile tagliata a striscioline e poi intrecciata a mano. Stupendo anche il cappotto in paillette bianche e le tre giacche-medaglia con strepitosi ricami in oro, argento e bronzo. Nel complesso una gran belle sfilata con una meravigliosa colonna sonora che partiva dall'inno olimpico e passava per un brano poco conosciuto di Vangelis (il grande musicista greco premio Oscar per la musica di Momenti di gloria) terminando poi nella fanfara di chiusura delle Olimpiadi.

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Thom Brownw: la rivincita della Toile

Ci voleva un texano di neanche 40 anni per far rivivere sulle passerelle si Parigi una cosa che gli addetti ai lavori dell'eleganza chiamano “l'esprit Schiap”, ovvero lo spirito ribelle e surreale di Elsa Schiaparelli nel più profondo rispetto dei polizieschi canoni sartoriali dell'alta moda francese. È successo in una sala buia che più buia non si può nei sotterranei dell'hotel particulier Salomon de Rotschild nel IX arrondissement. “Volevo esplorare la bellezza senza tempo di certe lavorazioni” ha detto il designer subito dopo lo show applaudito tra l'altro da una statua vivente come Roberto Bolle e da due tenniste di classe come Maria Sharapova e Venus Williams.Ecco quindi gli straordinari volant a dischi, le spalle gigantesche interamente ricoperte di piume d'oro o d'argento, i corsetti da cui letteralmente sbocciano gonne lussureggianti e strascichi senza fine. Per una volta mancano gli abiti belli e impossibili di cui Roseberry è l'indiscusso maestro: da quelli fatti con teste di tigri e leoni perfettamente riprodotte in 3 D e a grandezza naturale sul modello, alla tuta da mamma aliena con piccolo robot di cristallo e vecchi microchip in braccio della scorsa stagione.Abbondano invece le strepitose costruzioni sartoriali di cui la grande Schiap era maestra con buona pace di Coco Chanel che la definiva con tono sprezzante “L'italienne”. Lei se ne infischiava e rispondeva che non ci si può fidare di una donna che entra al Ritz dalla porta di servizio. Ma tra le due eterne rivali aveva perfettamente ragione Salvador Dalì che diceva: “Nessuno sa come si dice Schiaparelli, ma tutti sanno cosa significa”. Oggi significa abiti fatti perfettamente con accessori sublimi e il giusto pizzico di follia che ci vuole nel marchio che ha lanciato e sostenuto il surrealismo.

Daniela Fedi
Daniel Roseberry riscrive la storia dell'alta moda per Schiaparelli

“La cosa fondamentale è come ti senti nel vestito”, dice Maria Grazia Chiuri popo prima di far sfilare con l'alta moda Dior per il prossimo inverno un incredibile studio sulla fisicità.A pochi giorni dalle Olimpiadi che stanno trasformando Psrigi in un vero e proprio inferno, la bravissima designer romana indaga sul rapporto dell'abito con il corpo e con la performance. Inevitabile partire dai materiali ovvero dal jersey che essendo bi elastico consente ogni tipo di movimento ma che in genere non viene pieghettato e per sua natura non consente le classiche costruzioni sartoriali dell'alta moda. Da qui l'idea dei drappeggi che appartengono più al vocabolario creativo di Madame Gres che a quello di Monsieur Dior.Chiuri trova la quadra nel vestito-simbolo dei giochi olimpici: il peplo greco. Ne fa tantissimi, uno più bello dell'altro, fatti apposta per donare ai corpi perfetti di atleti e modelle, ma anche a quelli meno scolpiti delle donne normali. Sotto c'+ quasi sempre un corsetto-capolavoro fatto con un ricamo a mosaico in vetro e acrilico riciclato. Se quest'ultimo è pieno dei doviziosi colori delle vetrate delle cattedrali, i pepli sono quasi sempre bianchi con sfumature argentate o dorate. Il punto focale della sensualità diventa la schiena quasi sempre scoperta e comunque incorniciata da una teoria infinita di pieghe e plissettature. Belli da fermare un orologio i due cappotti interamente coperti di ricamo-mosaico. E davvero incredibile il set della sfilata decorato dalle mastodontiche figure degli sportivi nel momento più bello del loro gesto atletico realizzati a mosaico in India secondo lo stile di Faith Ringgold, l'artista e attivista afroamericana scomparsa lo scorso aprile.

Daniela Fedi
Con Maria Grazia Chiuri l'alta moda di Dior abbraccia tutti i corpi
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