Gheddafi minaccia l’Italia: porteremo la guerra da voi, ha detto ieri. In questa frase c’è tutto il paradosso della questione libica. Se c’è infatti un Paese che ha tenuto a freno francesi, americani e inglesi smaniosi di arrivare trionfanti a Tripoli, questo è proprio il nostro. E se c’è un leader europeo che ha sofferto personalmente per il destino del leader libico e che ancora oggi lavora per una soluzione politica del conflitto, questo è Silvio Berlusconi. Cose che Umberto Bossi dovrebbe ben sapere, visto lo stretto rapporto che ha con il premier.
Ma sotto elezioni ognuno gioca per sé, e la Lega ha imboccato una sua strada. Opposta dal punto di vista mediatico, non così lontana come può apparire da quello sostanziale. Le condizioni che il Carroccio ha posto per rimanere nel governo, di fatto non sono inaccettabili dal Pdl. Anzi, in fondo coincidono: si tratta di limitare l’impiego militare al minimo indispensabile, opporsi all’escalation del conflitto (no a invasioni via terra), prendere tempo per convincere gli alleati a uscire quanto prima da questo pantano, che, è bene ricordarlo, non è una guerra tra un dittatore e il suo popolo inerme, ma tra un dittatore e un suo spietato e sanguinario ex ministro che si è messo a capo di un paio di tribù per prendere il potere. Per questo immagino che un accordo (tempi e modi del disimpegno) tra Berlusconi e Bossi sia cosa già fatta.
Con buona pace di Napolitano che, secondo paradosso, se ne sta silente sul Colle ma in realtà è il vero artefice di questo pasticcio. Su di lui infatti, capo supremo delle Forze armate, hanno fatto sponda con successo americani e francesi per ottenere quelle concessioni (l’impiego diretto dei caccia italiani nei bombardamenti) che il nostro governo era restio a varare. Ma si sa, anche l’inquilino del Quirinale ormai è una pedina usata dai professionisti dell’antiberlusconismo:sacro e indiscutibile quando i suoi moniti difendono i giudici o bloccano le leggi, un signor nessuno da ignorare e addirittura calpestare se fa comodo per mettere in difficoltà il governo, come nel caso in questione. Il quale governo, comunque, ha la pelle più dura di quel che si crede.
E questa settimana rilancerà anche sul fronte dell’economia, alla faccia di chi lo definisce agonizzante. Dopo le tensioni dei giorni scorsi, Berlusconi e Tremonti si sono chiariti, sia sul fronte politico sia su quello tecnico. Il risultato è che nei prossimi giorni il Consiglio dei ministri varerà il decreto per lo sviluppo, una serie di norme (molte delle quali già annunciate nei mesi scorsi) per ridare fiato alle nostre imprese. Il clima di violenza che si respira in queste ore nel Paese contro i candidati del centrodestra alle imminenti elezioni (aggressioni e bombe carta a Napoli, intimidazioni a Milano), spiega meglio di tante parole lo stato in cui invece si trova l’opposizione. Bersani, invece che fare lo spiritoso sul dramma libico, dovrebbe guardare in casa sua.
Veltroni ne ha chiesto ufficialmente la testa, le votazioni sulla legge del testamento biologico manderanno in frantumi il suo partito, la sinistra tutta e pure il Terzo polo (Fini e Casini la pensano all’opposto).
Per salvarsi, tifano Bossi e sono costretti ad allearsi pure a Gheddafi, sperando che metta in pratica le sue bellicose minacce contro l’Italia e poter dire: tutta colpa di Berlusconi. Fortuna che non ne azzeccano mai una.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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