Marco Pirola
da Monza (Milano)
Da Salerno a Monza, il bollettino quotidiano dei cloni di «acquabomber» si riempie a ritmo impressionante. Ieri altri due casi. A Monza vittima un'impiegata di 46 anni ricoverata all'ospedale dopo essersi sentita male in Tribunale. Ha bevuto un solo sorso da una bottiglietta di minerale acquistata poco prima in un negozio take-away gestito da un islamico. La donna è stata ricoverata ma non è in pericolo di vita. I carabinieri hanno sequestrato la bottiglia che presenta vistosi fori da siringa in tre punti sotto il tappo. Dentro acqua «allungata» con un solvente chimico.
La perquisizione del negozio in cui è stata venduta la bottiglietta, non ha dato risultati. Le altre confezioni sono risultate integre e non presentano alterazioni.
Tutto è accaduto attorno alle 10 e 30 di ieri nel salone del Tribunale di Monza. Carmela Lampo, impiegata milanese, si è recata in via Vittorio Emanuele per far visita ad alcune colleghe di lavoro. Ha sfilato dalla borsetta un farmaco e ha avvicinato la bocca al collo della bottiglia. Dopo aver bevuto il primo sorso subito si è sentita male. Soccorsa dai carabinieri presenti, ha però dovuto attendere 25 minuti prima che arrivasse l'ambulanza per il trasporto al San Gerardo. Il secondo episodio di avvelenamento è accaduto a Salerno dove una donna di 32 anni si è sentita male dopo aver bevuto acqua minerale, acquistata in un bar del quartiere. I medici del pronto soccorso che le hanno prestato le prime cure hanno riscontrato nell'organismo la presenza di ipoclorito di sodio, ovvero di candeggina. Accompagnata all'ospedale S. Giovanni Di Dio e Ruggi d'Aragona, la donna è stata ricoverata. Le sue condizioni sembrano comunque migliorare. Intanto la bottiglietta d'acqua è stata sequestrata e il contenuto è sotto analisi nei laboratori dell'Arpac. Sul collo, appena sotto il tappo, sarebbe stato individuato un piccolo foro, probabilmente provocato dall'ago di una siringa.
In Italia è ormai allarme. Tanti casi in poco tempo e tutti accaduti nell'arco di appena 11 giorni. Caratteristica comune: nessun colpevole ancora individuato. Padova, Treviso. E ancora Savona, Rovigo, Venezia, Pesaro, Genova, Cosenza e Palermo. Si cercano invano i responsabili. Tutti lo chiamano «acquabomber», paragonando la mano che con una siringa buca le bottigliette a quella del bombarolo del Nord est capace di piazzare, da dieci anni a questa parte, ordigni esplosivi tra gli scaffali dei supermercati o nelle candele votive di una chiesa. Nel mirino dell'uno come dell'altro folle attentatore c'è sempre il nord, e in particolare il Veneto. Due i casi in meno di 48 ore lo scorso 6 settembre: uno a Padova e uno a Treviso. Nel primo caso un operaio di 29 anni viene ricoverato in prognosi riservata per aver bevuto da una bottiglietta presa dal distributore automatico della sua azienda a Campodarsego. Ha bevuto acqua contaminata con varechina. A Treviso, invece, è un bambino di appena 8 anni che versando della Coca Cola in un bicchiere si è accorto che nel fondo della bottiglia c'era un ago. Ma ormai è evidente: il maniaco ha trovato molti emuli.
Laltro ieri a Pescara era toccato a una ragazzina di 15 anni. Prima di entrare a scuola aveva comprato una bottiglietta d'acqua in un negozio di alimentari davanti all'istituto tecnico di Pescara. Lacqua era stata contaminata con del detersivo.
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