Ieri ci è capitato di vedere la nuova pubblicità della Jaguar. E ci siamo chiesti: ma è lo spot di un'auto o del Gay Pride?
Si dice «rebranding». E vuol dire dare una nuova identità a un marchio storico. Di solito distruggendolo. E il nuovo corso passa dal rifacimento del logo è sparito il giaguaro, che faceva troppo «maschio», ed è spuntata una doppia «J» stilizzata, tipo brutta imitazione di Gucci: come far dimenticare in un giorno ciò che ha impiegato un secolo per essere riconosciuto - e in un video emozionale. Nel senso che, stando ai commenti, ha suscitato grosse emozioni. I vertici
Jaguar, ad esempio, stanno piangendo.
Comunque. Pensando a una macchina più inclusiva, il direttore marketing di Jaguar solo incidentalmente gay - ha pensato a una pubblicità molto fluida, molto woke, molto multiculturale. Un po' la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, solo più patinata.
Ovviamente noi siamo per la più assoluta libertà di impresa e a favore di ogni pubblicità creativa. Ci spiace solo aver perso un animale iconico per ritrovarci un simbolo fallico.
È la cultura che sta umiliando l'Occidente: più percepita che reale, imposta da
pochi e subita da molti.
Siamo passati dal giaguaro ai gattini. Da Diabolik a Lady Gaga. Da un'auto per ricconi a una per ricchio...
Peccato. Speriamo adesso che non sostituiscano il cavallino della Ferrari con un unicorno arcobaleno.
Va bene. Alla fine siamo persino contenti di non poterci permettere una Jaguar.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.