Addio a Guillaume il figlio ribelle di Gérard Depardieu

Ucciso a 37 anni da un virus forse contratto sul set di «De la guerre»

È finito il viaggio al termine della notte di uno dei più tormentati figli d'arte fin qui noti, quel Guillaume Depardieu, figlio degli attori Gérard ed Elizabeth, che adesso dovranno fare i conti con un dolore insopportabile: sopravvivere alla propria prole. E c’è del simbolico nel titolo dell’ultimo film, interpretato dal fragile e talentuoso Guillaume, deceduto ieri, all'ospedale di Garches (nei pressi di Parigi), all’età di 37 anni, «per una polmonite fulminante», provocatagli da un virus, forse contratto su un set in Romania. S’intitola, infatti, De la guerre (Della guerra), il film di Bertrand Bonello, attualmente in programmazione nelle sale francesi e dove si può vedere il figlio di Gérard nel ruolo secondario d'un soldato, che recluta altri soldati, all'interno d'una comunità edonista e settaria. Ribelle e amante delle risse, dell'alcol, della droga (perciò era finito dietro le sbarre, nel 2003), prima di girare, con la sua tipica spacconeria da perdente, aveva promesso al regista: «Sarò grande e rugoso, come si conviene a un guerriero». Pieno di cicatrici, per via delle 17 operazioni che dovette subire, dopo il terribile incidente dell'ottobre 1995, quando si schiantò con la moto, correndo come un matto, non contro il vento, come fanno tutti i ragazzi, carezzati dalla dolce ala della giovinezza, ma contro quel gigante di padre, che, prima o poi, lui se lo sentiva, l'avrebbe ingoiato come Crono, la parte del combattente era tagliata su misura per lui. A chi gli domandava: perché hai accettato di fare un film, con la guerra al suo centro?, rispondeva, strafottente e irritante: «Perché nel titolo c'è già la parola “guerra”. E poi, perché c’è Asia Argento». Già, citava un'altra figlia d'arte alle prese con un padre ingombrante, un altro titano da abbattere, o da pugnalare come Freud comanda. Nel suo mondo di malato cronico, il fiato della morte sul collo (alla fine, avevano dovuto amputargli la gamba destra, ormai in cancrena), Guillaume, mutilato e perciò adorato dalla critica, che in lui ravvisava il nuovo Jean-Pierre Léaud, in versione più maledetta, ha guerreggiato il padre fin da piccolo. Ritenendolo colpevole della propria sfortuna, per via del doloroso divorzio dalla madre Elizabeth, che per curarlo e seguirlo da vicino rinunciò al suo mestiere d'attrice, il giovane Depardieu aveva sempre una riserva di bile nei confronti del debordante genitore. «Papa, je t'aime» sarebbe riuscito a pronunciarlo soltanto pochi mesi fa, in un’intervista-confessione, nella quale riuscì ad analizzare, con la sorprendente lucidità degli ammalati senza speranza, il proprio conflittuale rapporto col padre. Sulla carta, era un giovane artista, che sceglieva i ruoli puntando «al femminile, plurale». E un sensibile chansonnier, che aveva scritto canzoni sentimentali per Barbara, ispirandosi ai suoi miti: Maurice Pialat, Clint Eastwood, Billy Wilder, Jacques Rivette. A quest'ultimo, poi, regista ancor oggi in odore d'intellettualità autorale, Guillaume doveva l'ingresso sul grande schermo. «Grazie a Jacques Rivette ho cominciato a credere nel cinema, nella luce, nel piano sequenza», gli piaceva raccontare. Sarà colpa del survoltaggio delle scene, è evidente, se i figli di artisti riconosciuti e amati dal gran pubblico, crescono rivoltandosi al genitore sotto i riflettori, come fossero una malapianta, un parassita infettato e infettante, gli occhi che non traspaiono l'amore lucente d'un figlio, ma l'invidia verde del nemico, la rivalsa opaca dell'estraneo ostile. È il caso del figlio di Marlon Brando, Christian, morto l'anno scorso a 49 anni (anche lui di polmonite), dopo un'esistenza di eccessi e di violenze: fu lui a uccidere il ragazzo della sorellastra Cheyenne, a sua volta suicida, a 25 anni solamente. È il caso di Michael Douglas, che negli anni giovanili annegava nel whisky l'insopprimibile antagonismo col padre Kirk.

Ed è ancora il caso di Angelina Jolie, passata per una fase lesbica aggressivamente ostentata, per l'autolesionismo, per l'uso di droghe pesanti, prima di diventare moglie e madre, non senza, per questo, continuare a sentirsi l'arcinemica del padre John Voight. Per Guillaume, invece, è arrivata la liberazione.

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