Luca Gori, ricercatore in diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, ha seguito e raccontato passo passo la riforma del terzo settore ed ora è pronto a veder nascere il tanto atteso registro unico.
Finalmente ci siamo. O quasi?
«Il passaggio al registro unico, Runts, è epocale, un cambio di paradigma molto atteso. Tuttavia non è del tutto a regime, da definire c'è soprattutto la questione delle onlus. Il vero nodo è quello del regime fiscale e del rapporto con l'Unione europea, che deve ancora autorizzare le agevolazioni fiscali».
Quindi, dopo quattro anni di attesa, i tempi saranno ancora lunghi?
«Non ci vorrà poco. Una volta che l'istanza viene presentata, Bruxelles potrebbe chiedere chiarimenti e modifiche. E in ogni caso le misure stabilite entrano in vigore dall'anno successivo, quindi bisognerà aspettare il 2023».
Di fatto quali saranno i vantaggi del registro unico?
«Ci sarà sicuramente più trasparenza. Prima avevamo leggi di settore (volontariato, promozione sociale ecc..) e quello che chiamavamo un sistema a canne d'organo in cui ognuno suonava la sua musica ma c'erano parecchie dissonanze e sovrapposizioni. Ora ci sarà maggior coralità, per così dire. Fino ad oggi le singole leggi dettavano criteri diversi a seconda della categoria. D'ora in avanti ci saranno regole uniformi di accesso più chiare e sarà anche più facile il controllo. Inoltre non va sottovalutato un altro aspetto: grazie al registro si riconosce espressamente uno spazio giuridico, politico e amministrativo per i soggetti che operano per interessi generali. Non è poco».
In questo anno di passaggio, ci saranno problemi con il versamento del 5 per mille?
«Speriamo di no, perché il Governo ha adottato norme pronte per evitare rotture e intoppi per le onlus e gli enti in corso di iscrizione al registro. I tempi saranno meno lunghi. Intendo dire che chi dona vedrà i risultati della sua donazione molto più velocemente e non dopo anni, come accadeva prima. Ora le procedure sono più limpide e snelle».
Resta il nodo dell'Iva, questione rinviata al 2024 ma che pesa sui bilanci.
«Questa purtroppo è una vicenda che si trascina da anni. Tecnicamente è un problema di qualificazione delle facilitazioni ma gli effetti possono affliggere la vita degli enti. L'Iva è solo la punta dell'iceberg di una questione più ampia. Bisogna capire come lo Stato, e in particolare il Fisco, intendono guardare al terzo settore.
Se un'attività è senza scopo di lucro e arricchisce la collettività, allora bisogna rivedere la sua fiscalità e non va trattata come un'attività di impresa ordinaria. Quindi mi auguro un ripensamento globale dell'approccio fiscale, nel segno della sussidiarietà».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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