Silvia Kramar
da New York
Era una palazzina di cinquanta piani, con vista sull'East River. Non c'erano uffici o banche d'investimento, ma 183 appartamenti di lusso, molti dei quali valgono più di un milione di dollari. Eppure l'incubo si è ripetuto esattamente come nel mattino dell'undici settembre di cinque anni fa. Sotto al Belaire, condominio al 524 East della Settantaduesima strada, con vista sull'East River, il traffico delle tre del pomeriggio proseguiva lento e sui marciapiedi i newyorchesi si sfioravano con la loro classica fretta. Ma improvvisamente un aereo si è schiantato contro il trentunesimo piano della palazzina, scoppiando in un'enorme nuvola di fiamme.
Le immagini erano troppo simili a quelle delle Torri Gemelle. Fuoco dai piani di un palazzo e le televisioni collegate immediatamente: «New York, un aereo contro un palazzo». Il fumo e le fiamme. Le sirene. È l'undici, un numero che nessun newyorchese è mai riuscito a dimenticare. Subito le tv hanno trasmesso le prime immagini dalla Casa Bianca: a Washington tutto era tranquillo, ma il Presidente George Bush «stava esaminando la situazione» insieme al responsabile della Homeland Security, Michael Chernoff.
Mentre i testimoni parlavano, al Palazzo di Vetro dell'Onu era scattato l'allarme. La sede delle Nazioni Unite è a soli trenta isolati. Secondo il corrispondente della Cnn, gli altoparlanti della sede dell'Onu avevano comunicato che un edificio era stato colpito da quello che, secondo le prime ricostruzioni rivelatesi poi inesatte, sembrava un altro attentato.
Terrorismo? Tutta New York si sentita tremare. Poi le prime notizie precise: era un piccolo aereo, un velivolo ad ala fissa. Un Cirrus modello SR-22. Ma la gente in strada, intervistata, insisteva a dire di aver visto un elicottero: in realtà avevano visto l'elica del monomotore, che girava a vuoto, come le pale di un elicottero, tra le fiamme.
Negli uffici la città era incollata alla tv, mentre tutti i canali avevano interrotto i programmi pomeridiani. Anche stavolta si erano alzati in volo i caccia dell'aviazione: seppure a titolo meramente precauzionale, e non solo a New York ma anche a Washington, Boston, Chicago, Detroit e Los Angeles.
La scena era surreale. Quando finalmente sono arrivati i vigili del fuoco, tra le macerie in strada hanno trovato un uomo. Era la persona a bordo dellaereo: era ancora legato al sedile, con la cintura di sicurezza. Si era schiantato al suolo così come l'undici settembre molti newyorchesi erano saltati dalle finestre delle Torri Gemelle.
Questo è stato il vero dramma: la morte di un grande campione. A pilotare quell'aereo era il pitcher della squadra newyorchese di baseball degli Yankees, Cory Lidle. La città l'aveva visto per l'ultima volta domenica, dopo una amara sconfitta degli yankees con la squadra di Filadelfia. Aveva acquistato l'aereo a settembre. Era decollato dall'aeroporto di Teeterboro per fare una gita, era arrivato alla Statua della Libertà e subito dopo, alle due e ventinove, aveva perso il contatto radio. Non lo sentirà più nessuno: Lidle è rimasto vittima della sua passione, insieme a unaltra persona morta nello schianto.
Il sindaco Michael Bloomberg è arrivato subito sul posto, Bush collegato al telefono ha ascoltato i dettagli. Un caso, tragico. Forse un errore umano o un guasto. Sotto una fitta pioggia, la città è tornata a vivere.
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