Afghanistan, attacco kamikaze Feriti cinque militari italiani

Afghanistan, attacco kamikaze Feriti cinque militari italiani

A salvarli è stata la prontezza di riflessi e l’esperienza del caporal maggiore dei bersaglieri Giuseppe Laganà. Senza l’occhio di chi per mesi è andato avanti e indietro lungo quei dieci chilometri di strada poteva andare molto peggio, senza il suo provvidenziale colpo di sterzo neanche la potente blindatura del Lince poteva garantire il miracolo.
Per fortuna ieri mattina alle 7. 20 alla guida c’è Giuseppe. A differenza degli ufficiali e dei sottufficiali in macchina con lui è un veterano della missione e da giugno fa la spola tra il comando di Camp Arena e la base di Camp Stone dove i consiglieri militari italiani seguono l’addestramento del nuovo esercito afghano. Al fianco di Laganà c’è il tenente colonnello Giovanni Battaglia, dietro siedono il capitano Giuseppe Cannazza, il primo maresciallo Fabio Sebastiani e il maresciallo ordinario Alessandro d’Angelo. I quattro ufficiali e sottufficiali sono l’avanguardia del gruppo venuto a dare il cambio ai consiglieri militari (Omtl) guidati dal colonnello Gian Luca Giovannini che da giugno seguono la formazione delle truppe afghane affidata al nostro contingente.
Il colonnello Giovannini temeva da tempo un attacco. «Andiamo avanti e indietro su quella strada ogni giorno. Prima o poi beccheranno me o uno dei miei», ripeteva una sera di fine agosto mentre aspettava il brillamento di una trappola esplosiva piazzata su quei dieci chilometri d’asfalto. Ieri mattina la profezia per poco non si rivela fatale per i suoi successori. Mentre la colonna procede da Camp Stone a Camp Arena il caporal maggiore Laganà vede un’auto uscire dalla carreggiata opposta e puntare su di lui. Capisce immediatamente e con un colpo di volante sterza verso il lato della strada. Un attimo dopo la vampata dell’esplosione investe il Lince e lo scaraventa nel fossato. «La sterzata del caporale ha impedito il contatto e ha permesso al nostro veicolo di assorbire l’esplosione altrimenti le conseguenze sarebbero state molto più gravi», spiega al Giornale il capitano Antonio Bernardo, portavoce della Brigata Julia, il reparto sotto la guida del generale Paolo Serra che dal 9 ottobre ha assunto la guida del Comando Regionale Ovest di Herat.
L’esplosione, la pioggia di schegge e il salto nel fossato si rivelano senza conseguenze per il caporale Laganà e per il tenente colonnello Giovanni Battaglia. Meno indolore la sorte dei due marescialli e del capitano stretti nell’angusta zona posteriore dove è più facile cozzare contro le paratie blindate. Pur non essendo in pericolo di vita e non avendo ferite serie i tre erano ieri sera ancora in osservazione all’ospedale della base militare di Camp Arena. Illesi altri due militari che viaggiavano su un secondo veicolo.
L’attentato desta preoccupazione in ambienti d’intelligence per la precisione con cui il kamikaze ha puntato la macchina su cui si trovava la delegazione di ufficiali incaricati di prendere la guida dell’Omtl, la missione dei consiglieri militari italiani con sede a Camp Stone.
Anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa sottolinea «l’innalzamento quantomeno qualitativo dell'azione dei terroristi e la particolarità dell’azione terrorista». Il primo attentato suicida in cui è stata impiegata un’autobomba contro i nostri soldati «è avvenuto - sottolinea La Russa - nei confronti di una squadra Omlt, i soldati che operano all’interno delle formazioni afghane svolgendo funzioni di guida e di istruttori... questa modalità di contrasto è evidentemente quella che crea più fastidio ai talebani».
Gli uomini dell’Operational Mentoring Liaison Team - traducibile in italiano come squadra di collegamento e di addestramento - sono responsabili di una delle operazioni più complesse e delicate svolta dal nostro contingente.

«Per realizzarla al meglio bisogna essere un po’ diplomatici e un po’ soldati - ci spiegava a fine agosto il colonnello Gian Luca Giovannini - dobbiamo essere diplomatici per riuscire a imporre il nostro punto di vista a ufficiali e a uomini abituati a combattere a modo loro da decenni, dobbiamo essere soldati a tutti gli effetti percéè in caso di scontro dobbiamo coordinare la risposta delle unità addestrate e combattere al loro fianco».

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