
«Ho investigato per tutta la vita, inseguendo boss della Camorra e terroristi. Quando sono arrivato a Sondrio e mi hanno raccontato per la prima volta la storia del tenente colonnello Edoardo Alessi, ufficialmente ucciso dai fascisti, ho sentito il bisogno di tornare a farlo perché c'era qualcosa in quella morte che non mi tornava». Esordisce così il generale di corpo d'armata Carmelo Burgio, già a comando del Tuscania, quando lo incontriamo di fronte al cimitero di Sant'Anna che custodisce il corpo di Alessi.
«Prima di essere un paracadutista era un carabiniere. Era cattolico, antifascista - rifiuta infatti di aderire alla Repubblica di Salò - e aveva organizzato la difesa degli impianti e della valle. Aveva comandato la prima divisione alpina Valtellina, una formazione di partigiana cattolica e militare, senza alcuna connotazione politica», racconta Burgio.
Soprattutto, Alessi era affidabile, tant'è che il Cln gli dà il comando unico di quell'area. Il 25 aprile Alessi arriva alla contrada Colombera, nella frazione sant'Anna di Sondrio, insieme al suo vice, il tenente dell'aeronautica Adriano Cometti. È un giro di ricognizione per incontrare i rappresentanti degli altri gruppi partigiani. All'alba la famiglia che li ospita li sveglia: c'è un rastrellamento della Guardia nazionale repubblicana. I due provano a scappare. «Ma già in questa parte della storia ci sono alcuni elementi strani- afferma il generale Burgio- C'è chi racconta che sulla casa dove era ospitato Alessi ci fosse un lenzuolo steso, che poteva essere un segnale e pure chi afferma che possa essere stato ucciso in uno scontro con l'anima garibaldina, legata al partito comunista, che non avrebbe mai gradito il suo comando di Alessi».
Ma siamo ancora nell'ambito delle discussioni e delle ipotesi. I sospetti, quelli veri, vengono però quando si è sul luogo dell'omicidio. Per arrivarci bisogna attraversare la contrada, stretta tra vecchie case di roccia. Si attraversa un'abitazione, immaginando la fuga di Alessi e Cometti all'alba, quando la luce è ancora poca e si distinguono solo le ombre. Si giunge a un sentiero in salita, delimitato da due muretti di roccia, dove è stata messa una lapide che ricorda la morte del tenente colonnello. «Cometti invece viene ucciso a una ventina di metri da lì - prosegue Burgio- Riceve l'alt, spara una raffica di mitra ma i militi fascisti lo falciano con una serie di proiettili nell'addome». Anche in questo punto una lapide, anche se l'immagine dell'ufficiale dell'aeronautica è stata sfregiata con una sassata. Un'altra pattuglia - questo il racconto ufficiale - trova il cadavere di Alessi e un sottufficiale gli tira due colpi per non farlo soffrire visto che stava agonizzando». «Guardando le carte - afferma il generale - sorgono dei dubbi però. La persona che stava agonizzando era infatti Cometti - sostiene Burgio -, il cui cadavere viene recuperato dai soldati che lo hanno ucciso e portato dal parroco. I militi registrano la sua morte, con nome e cognome. A questo punto la logica non c'è più. Il cadavere di Alessi ha infatti una coltellata nell'area sottoscapolare e due colpi: uno al cuore e uno in fronte. Non è quindi il corpo che il sottufficiale della Guardia nazionale dice di aver finito. Se davvero i militi avessero ammazzato anche lui, che era il comandante di quell'area così importante, perché non dirlo per farsene vanto? Il suo cadavere viene trovato qualche ora dopo dalla gente del posto e, soprattutto, da un gruppo di partigiani delle brigate Garibaldi, che ammettono di aver avuto uno scontro a fuoco con i militi che portavano via i rastrellati.
E se insieme a Cometti e Alessi ci fosse stato qualcuno, magari una guida, che poi li ha traditi?». Restano i dubbi, tanti, su una storia come tante della Resistenza. Dove la libertà si è spesso mischiata all'odio. Al potere. E, soprattutto, dove la verità è stata nascosta dietro a un muro di silenzio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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