Le discese ardite e le risalite, quelle del marciatore altoatesino Alex Schwazer perfette per essere raccontate in una serie documentaria Il caso Alex Schwazer da ieri disponibile su Netflix che ripercorre i suoi guai giudiziari iniziati con la scoperta nel 2012 del doping e la sua ammissione totale, quasi per togliersi un peso, quattro anni dopo la medaglia d'oro nella 50 km ai Giochi Olimpici di Pechino del 2008. Resta fuori dalle gare fino al 2016 mettendo in difficoltà anche la compagna di allora, Carolina Kostner, squalificata per un anno e quattro mesi per complicità nell'elusione dei prelievi dei campioni biologici.
Poi la ripartenza con l'obiettivo dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro del 2016 chiamando come allenatore Sandro Donati, il suo principale accusatore all'epoca dell'antidoping. Sembra un film ma è la realtà. Con tanto di intrigo internazionale che inizia con la notizia di una nuova positività al controllo antidoping annunciata il 21 giugno 2016 anche se le provette incriminate risalivano a un prelievo eseguito a Capodanno, 1° gennaio 2016, a cui era seguito un primo risultato negativo. La Federazione internazionale di Atletica lo squalifica pesantemente per otto anni con Schwazer e Donati che gridano al complotto per la manomissione dei campioni. In Italia il doping è un reato penale e l'atleta viene processato dal tribunale di Bolzano che alla fine lo assolve per non aver commesso il fatto. La squalifica della giustizia sportiva però rimane e, allo stato attuale, per un manciata di giorni, Schwazer non potrà partecipare alle prossime Olimpiadi. «La vera giustizia sarebbe stata consentirmi di continuare a gareggiare», ripete ai giornalisti Schwazer nella sede romana di Netflix.
Le montagne russe di questa intricata vicenda, in cui l'atletica mondiale è protagonista di altri scandali di doping ancora più eclatanti, sono raccontate molto bene dalla serie in quattro episodi Il caso Alex Schwazer,
prodotta da Indigo Stories, ideata e diretta da Massimo Cappello che l'ha scritta con Marzia Maniscalco. L'atleta ha oggi 38 anni, una moglie, due figli e allena dilettanti perché, per la sentenza sportiva, non può fare altro.
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