All’asta del Monte di pietà coi mercanti della disperazione

da Milano

La medaglietta d’oro con l’effigie di Padre Pio è accanto a una spilla con la testa di Belzebù. Sacro e profano sono di casa in via Monte di Pietà, nome che è tutto un programma. Al numero civico 5 c’è un palazzo nobiliare. Al pianterreno una sala decorata di stucchi e gonfaloni. È qui che ieri pomeriggio era in programma l’asta dei «ricordi». Ricordi di famiglia. Roba preziosa da un punto di vista affettivo, ma che in tanti sono costretti a vendere. Anzi, a svendere. Senza farsi troppi scrupoli morali. Brutto avere bisogno di soldi. Ci si riduce, in cambio di pochi euro, a impegnare la collana della mamma, l’orologio del nonno o l’anello della zia.
Oggetti d’oro, gemme, perle che transitano prima dalla cassaforte del Banco dei Pegni di viale Certosa, a Milano, e poi - trascorso un mese dal mancato spignoramento - approdano sul banco dell’asta di via Monte di Pietà.
Ore 14.30. Puntuale il funzionario della Banca Regionale Europea che gestisce lo sportello di credito su pegno apre la danza delle offerte. In sala ci sono 25 persone, tra cui il sottoscritto, che però non riuscirà ad aggiudicarsi neppure un braccialetto. Tutti i lotti finiscono nelle mani dei «soliti noti», 4-5 persone, esperti del settore.
Le «volpi» del mercato le riconosci subito: hanno al collo una lente per valutare al meglio la purezza delle pietre, sono tranquilli, fanno le offerte in maniera quasi invisibile; un impercettibile movimento del dito che solo il banditore riesce a cogliere. La somma sale di 10 o 20 euro a rilancio, fino all’aggiudicazione finale.
Davanti a me c’è un signore vestito di nero, armato di calcolatrice e taccuino. È lui l’uomo da battere. Ma in pochi ci riescono. L’ultima parola è sempre la sua. Sia che si tratti di lotti «poveri», sia che si tratti di lotti «ricchi». Solo quando gli squilla il cellulare ed è costretto a uscire, i concorrenti hanno qualche chance in più.
Due anziani fratelli finalmente la spuntano: il vassoio con tre anelli, due collane e un orologio è loro; poi è la volta di una signora bionda che per 400 euro si accalappia un orologio Baume et Mercier; c’è gloria pure per un giovane che - dopo un testa a testa col suo vicino di sedia - mette le mani su una parure di orecchini. Ma dura poco, il signore in nero rientra in sala e il banditore torna subito a guardare dalla sua parte.
«Le persone che vede qui - mi confida un habitué di via Monte di Pietà -, sono commercianti che comprano a 10 per vendere a 100. Fanno i propri interessi. Anche la banca ci guadagna. Gli unici a rimetterci sono gli ex proprietari degli oggetti preziosi ai quali restano solo le briciole».
Il tutto si svolge a ritmi frenetici. Una catena di montaggio dove ognuno ha un ruolo preciso. Un impiegato si occupa di assemblare i lotti, mentre tre suoi colleghi passano tra i clienti mostrando su vassoi di velluto la merce disponibile. Ogni volta la «gara» va avanti per una manciata di secondi, durante i quali il banditore riceve tra le dieci e le venti offerte che fanno lievitare il prezzo-base di circa il 30 per cento. Una volta aggiudicato il lotto, un altro dipendente della banca stacca la ricevuta e la consegna al «vincitore» di turno. Quest’ultimo, dopo aver firmato, mette mano al portafoglio (si accettano solo pagamenti in contati) e ritira il bottino. Nel caso di somme consistenti, il cliente che si è aggiudicato il «pacchetto» può lasciare un anticipo del 20% e completare l’operazione nelle 48 ore successive.
Alle 17 l’asta si chiude. I «soliti noti» si allontano alla spicciolata soddisfatti degli affari appena conclusi. Il prossimo appuntamento sarà lunedì 19 novembre, sempre alle 14.30. Ma dalle 10 alle 12 sarà possibile intervenire già in sede di esposizione. Un meccanismo che rende ancora più ardua la possibilità di aggiudicarsi qualcosa da parte di chi è fuori dal giro dei mercanti.

Così recita il regolamento d’asta: «Nel giorno dell’esposizione potranno essere presentate schede con offerte graduali, fisse o fisse segrete».
Insomma, roba per diavoli della compravendita. Più dediti a Belzebù che a Padre Pio.

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