Un’altra toga nel mirino: il Csm dopo Martone vuole liberarsi di Marra

Avviata una procedura d’urgenza per spostare il presidente della Corte d’appello milanese intercettato nell’inchiesta sulla P3

Un’altra toga nel mirino: il Csm dopo Martone  vuole liberarsi di Marra

Che la carriera di magistrato di Alfonso Marra fosse destinata a naufragare sulle intercettazioni con il faccendiere che lo chiamava «Fofò», era probabilmente inevitabile: troppo impresentabile l’interlocutore, troppo esplicita l’ansia con cui il giudice premeva per essere nominato presidente della Corte d’appello di Milano. Ma la rapidità con cui il destino di Marra si compie fa ugualmente impressione. In meno di un giorno, la richiesta di aprire l’impeachment contro Marra viene accolta dalla prima commissione del Consiglio superiore della magistratura. Al momento di scaricare il settantaduenne giudice milanese, si alzano quattro mani su cinque. Gli esponenti delle stesse correnti che lo avevano sostenuto, ieri lo abbandonano. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, il cui voto appena quattro mesi fa era stato decisivo nella nomina di Marra, ieri plaude alla decisione del Consiglio: «La pratica su Marra dimostra l’attenzione del Csm».

Oggi, insomma, Marra è un uomo solo. Contro di lui il Csm non fa partire un procedimento disciplinare ma un atto solo apparentemente meno insidioso: una procedura per «incompatibilità ambientale», che in realtà può essere ben più spedita ed efficace nello spodestare Marra dalla carica, e a riaprire la partita per una delle poltrone più ambite della magistratura italiana. Della fulmineità con cui il terreno sta franando sotto i piedi del magistrato - militante storico di Unicost, la corrente centrista delle toghe - è buona testimone la reazione proprio di Marra, che appare psicologicamente provato: nel giorno della buriana, se ne va in Puglia a partecipare a un convegno, e raggiunto dall’Ansa dichiara testualmente di essere «contento» per la decisione del Consiglio, che gli permetterà di chiarire tutto. «Io sono tranquillo, non c’entro niente in questa vicenda».

In realtà c’è poco da chiarire, le telefonate contenute nell’ordinanza di custodia contro i faccendieri della cosiddetta P3 sono su tutti i giornali. Prima di Marra hanno già fatto cadere un’altra toga eccellente, l’avvocato generale della Cassazione Martone. E non è finita. Perché insieme al Csm e al trasferimento d’ufficio per Marra, anche se con tempi più lenti, arriva anche il procedimento disciplinare, avviato dalla Procura generale della Cassazione contro tutti i magistrati che compaiono nelle intercettazioni della P3. Due di questi non sono più soggetti a giudizio: Martone, che se n’è andato in pensione, e il sottosegretario Giacomo Caliendo, che in pensione c’era andato già al momento di entrare al governo. Mentre decisamente a rischio è Arcibaldo Miller, capo degli ispettori del ministero, lo 007 di fiducia del ministro Alfano.

Ma è verosimile aspettarsi che la prima testa a rotolare sarà quella di Marra. Non c’è la prova - anzi - che una volta divenuto presidente della Corte d’appello di Milano abbia fatto alcunché per «sdebitarsi» verso Lombardi e gli altri faccendieri. I tentativi di mobilitarlo per salvare la lista del governatore Formigoni e del Pdl, in vista delle elezioni regionali, erano rimasti senza risultato, e solo l’intervento successivo del Tar aveva permesso al centrodestra di partecipare al voto. Ma restano i suoi contatti, le sue richieste di aiuto a Lombardi, incise dai carabinieri del Ros e trasmesse alla Procura di Roma. E poco conta che Marra nei giorni scorsi raccontasse di avere conosciuto l’infaticabile Lombardi attraverso un personaggio assolutamente insospettabile come Giuseppe Grechi, ex presidente della Corte d’appello milanese: «L’ho incontrato al matrimonio di sua figlia». Grechi conferma. Ma non sono questi dettagli che salveranno Marra.

E poi? Se il Consiglio disporrà il suo trasferimento fuori Milano, è verosimile che Marra scelga anche lui la strada della pensione.

E ripartirà la corsa per ereditare la sua poltrona: una corsa dall’esito quasi scontato, se Renato Rordorf - giudice di Cassazione, candidato dalle toghe di centrosinistra e sconfitto da Marra in marzo - tornerà ad avanzare la sua candidatura.

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