Alunni disattenti e scalmanati: nelle aule 23mila gianburrasca

Almeno tre in ogni istituto. La psicologa: «Gli insegnanti non hanno gli strumenti adatti»

Parla sempre e disturba le lezioni, e per far tacere il «gianburrasca» della classe, un alunno di una classe di prima elementare, gli chiude la bocca con lo scotch. E adesso l'insegnante andrà sotto processo.
Un caso, gestito in maniera maldestra, che tuttavia mette in evidenza un problema drammatico della scuola: la presenza di alunni affetti da Adhd (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), più comunemente detti «bambini gianburrasca». Sono tanti: a Milano e Lombardia - su una popolazione di un milione e 200 mila ragazzi tra i 0 e i 14 anni - se ne contano oltre 23 mila. Alunni che si contraddistinguono per mancanza di attenzione, irrequietezza che spesso sfocia anche in forme di aggressioni ai compagni di banco. Un atteggiamento che si riscontra a scuola e allo stesso tempo in famiglia. Ma quando si tratta di intervenire quasi sempre sono guai di ogni genere, con i genitori che non avvertono la gravità del problema e che, come spesso accade, demandano alla scuola la sua soluzione e con gli insegnanti che raramente hanno gli strumenti professionali idonei per gestire queste situazioni e, come è avvenuto nel caso della maestra rinviata a giudizio, ricorrono a metodi normalmente censurabili. Risultato: se la situazione non si risolve e si aggrava tanto da creare nella classe condizioni di continui contrasti e confusione, o i genitori chiedono l'allontanamento del piccolo gianburrasca, oppure chiedono al dirigente scolastico di cambiare classe propri figli «normali» perché possano seguire regolarmente un programma di studio. In ogni caso si creano tensioni esasperanti che spesso vanno a scapito di tutti.
«Si tratta di un problema frequente - ricorda Silvia de Aloe, una psicologa scolastica -. Dalla mia esperienza posso dire che ne riscontro due o tre casi in ogni scuola». Situazioni problematiche che difficilmente gli insegnanti riescono a gestire. «Sono comunque dell'opinione che il limite di queste situazioni è proprio la scuola: i cosiddetti bambini iperattivi non hanno particolari patologie, e il guaio è che la scuola se la cava quando i bambini stanno seduti nei banchi e non sa come reagire quando un alunno non riesce a star seduto». E se comunque si crea uno stato di conflitto, fondamentale diventa il ruolo dei genitori: «Noi interveniamo per aiutare gli insegnanti a capire come devono affrontare il problema. Un'opera di mediazione che deve necessariamente coinvolgere anche i genitori».


Ma c'è un'altra linea di intervento: quella di chi sostiene che i «gianburrasca» vanno trattati e calmati con gli psicofarmaci. Ma qui si apre un altro capitolo, quello degli scontri tra chi è favorevole e chi no. Un vero e proprio scontro che è innanzitutto di ragione ideologica, ma che non raramente sfocia anche con denunce alla magistratura.

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