Lo chef sostenibile Davide Oldani punta sul territorio

Il ristorante D'O ha ottenuto, nel 2021, una stella Verde Michelin. Lo chef della "Cucina POP" si racconta a ilGiornale.it: "Punto tutto sui giovani. Bisogna valorizzare il territorio e acquistare prodotti di stagione"

Lo chef Davide Oldani. Photo Credit Mauro Crespi
Lo chef Davide Oldani. Photo Credit Mauro Crespi

Ideatore della "Cucina POP", designer eclettico e imprenditore di successo: lo chef Davide Oldani non ha certo bisogno di presentazioni. A parlare per lui solo le due stelle Michelin, più una Verde per la sostenibilità, del suo ristorante di Cornaredo: il D’O. "Credo molto nei giovani. - racconta lo chef alla nostra redazione - Per me è molto importante poter garantire loro un ambiente di lavoro sano e gratificante. Il concetto di sostenibilità in cucina si esprime attraverso la tutela e il rispetto della ‘risorsa umana’ e poi, la stagionalità dei prodotti".

Chef Oldani, la "Cucina POP" è sinonimo di accessibilità e qualità. In che modo riesce a coniugare queste due caratteristiche?

"Puntando sulla stagionalità dei prodotti, un concetto che è alla base della filosofia del D’O. Da quando ho aperto il mio ristorante, a Cornaredo, nel 2003, cerco di proporre un tipo di cucina che sia accessibile a tutti puntando su alimenti di qualità, preferibilmente del territorio, e di stagione. Questo aspetto è fondamentale per poter offrire agli ospiti delle pietanze buone, sia in termini di gusto che di freschezza".

Nel 2021 il D’O ha ottenuto la stella Verde Michelin, un riconoscimento che le è valso il titolo di "chef sostenibile". Come si traduce, al livello pratico, il concetto di sostenibilità in cucina?

"Il concetto di 'sostenibilità in cucina' si riaggancia al discorso di cui parlavo prima e, quindi, alla stagionalità dei prodotti. Oltre a questo, senza dubbio, c’è il rispetto e la tutela delle risorse umane - dai cuochi ai collaboratori di sala - che lavorano all’interno del ristorante. Per me è fondamentale poter garantire a tutti un ambiente di lavoro sano e gratificante".

La sua esperienza imprenditoriale è diventata oggetto di studio, per una case history, alla Harvard Business School. Gli economisti della prestigiosa università statunitense hanno elogiato il suo lavoro e la capacità di riprodurre un modello di “economia circolare” applicabile a diverse categorie, non solo alla ristorazione. Può spiegarci in cosa consiste?

"Sicuramente è un riconoscimento che ci incentiva a svolgere ancora meglio il nostro lavoro. Quanto al resto, punto molto sulle nuove generazioni e alla valorizzazione del territorio. Come ne è da esempio l'Istituto Statale Alberghiero "Olmo" di Cornaredo, di cui sono mentore, frequentato da giovani studenti. Bisogna motivare le nuove generazioni offrendo loro la miglior prospettiva di futuro possibile. E quindi, rispondendo alla sua domanda, per 'economia circolare' s’intende la salvaguardia del territorio a 360 gradi: dal cibo alle persone e viceversa".

Parliamo dei rincari delle materie prime. In che misura hanno impattato nel settore del fine dining?

"Quanto ai rincari, credo che abbiano avuto lo stesso impatto per tutti: da chi, come noi, lavora nel fine dining, al 'piccolo' ristoratore. Purtroppo i rincari ci sono stati e, ahimè dico, bisogna accettarli. Su molte cose non sono d’accordo ma, per fortuna, ci sono moltissime associazioni che tutelano il nostro lavoro".

Dall’altra parte, però, c’è un problema di sovrapproduzione industriale.

"Sì. Al riguardo, credo che la ‘buona cucina’ possa fare da traino per il cambiamento. Quello che noi ristoratori possiamo fare è puntare su prodotti di qualità, di stagione e del territorio. Va detto, però, che ognuno può fare, nel suo piccolo, la propria parte. Bisogna avere senso etico, anche quando si va al supermercato".

Allora, ci dà qualche dritta per ridurre gli sprechi alimentari?

"La stagione è valida tanto al ristorante quanto a casa. Dico sempre che bisogna fare la spesa ‘a stomaco pieno’. Può sembrare una battuta ma, in realtà, è l’unico modo per evitare gli sprechi alimentari. Intendo dire che, anche se il mercato ci spinge all’acquisto di prodotti fuori stagione, dobbiamo razionalizzare gli acquisti. Perché, ad esempio, comprare i cuori di bue (una varietà di pomodori ndr) a gennaio quando i banchi del mercato abbondano di broccoli? Oltre alla qualità e alla freschezza, anche il costo degli alimenti fuori stagione è più elevato. Senza contare che cucinare con prodotti del periodo significa anche nutrire in modo sano la propria famiglia".

Nei mesi scorsi, ha fatto molto discutere il metodo di "cottura passiva", consigliato dal Premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, per ridurre il consumo di energia. Qual è la sua posizione al riguardo?

"Credo che abbia dato un suggerimento molto intelligente. È una modalità di cottura che può essere tenuta in considerazione. Non solo perché, così facendo, si spreca meno energia ma anche si riduce anche il consumo di acqua".

C’è una ricetta “antispreco” che possiamo fare noi tutti, a casa, in questi giorni?

"In questi giorni direi di puntare su carciofi e lenticchie. Proporrei un primo piatto: facciamo tostare delle mezze maniche in padella. Poi aggiungiamo delle lenticchie di Castelluccio e copriamo con un velo d’acqua la pasta. A parte, tagliamo finemente i carciofi. Quando la pasta è cotta aggiungiamo, fuori dal fuoco, una manciata di pecorino. Da ultimo, uniamo i carciofi e il pepe nero in grani".

Un’ultima domanda. Qual è il futuro della ristorazione?

"Sicuramente il ritorno ad una cucina ‘democratica’, accessibile a tutti e di qualità. Bisogna valorizzare il territorio. Come dicevo prima: dal cibo alle persone".

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