Un articolo pubblicato su Nature Communications avrebbe sottolineato una forte urgenza ambientale che coinvolgerebbe la salute delle balene, relativa all'eccessivo quantitativo di microplastiche presenti negli oceani. Un dato preoccupante emerso da uno studio condotto dalla California State University – Fullerton (SUF) e dall'Hopkins Marine Station della Stanford University, e successivamente pubblicato proprio sulla rivista tematica.
Il team, guidato da Shirel Kahane-Rapport e Matthew Savoca, ha monitorato a lungo e nel dettaglio le abitudini di una serie di cetacei quali balenottere azzurre, megattere e balenottere comuni presenti lungo la costa della California. Uno studio accurato basato su modelli specifici creati dal team per analizzare la situazione vissuta da questi grandi animali, e che ha portato a risultati preoccupanti.
Balene e microplastiche, dati che allarmano
Lo studio, dal titolo di Field measurements reveal exposure risk to microplastic ingestion by filter-feeding megafauna, è stato pubblicato sulla rivista di settore Nature Communications. La ricerca avrebbe rimarcato una forte condizione di pericolo per l'esistenza delle balene, vittime di una continua e costante ingestione di microplastiche presenti in acqua. Il team avrebbe stimato un quantitativo pari a 10 milioni di pezzi al giorno, elementi grandi come granelli di sabbia ma un insieme dannoso e molo pericoloso per la loro sopravvivenza. Il tutto sarebbe una conseguenza diretta dell'inquinamento crescente dei mari, un'ingestione agevolata anche dal loro naturale metodo di filtraggio. Ma anche dal consumo di svariate prede marine, come il krill che per primo ingerisce le microplastiche.
Lo studio avrebbe monitorato il comportamento di 191 esemplari soliti vivere lungo le coste della California, osservando costantemente i loro movimenti naturali e le immersioni in acqua. Questi animali si inabissano nelle aque più scure raggiungendo dai 50-250 metri di profondità alla ricerca di cibo, trovando putroppo anche una maggiore concentrazione di microplastiche. I risultati e le misurazioni derivati dallo studio avrebbero evidenziato che le balenottere azzurre arriverebbero a ingerire fino a 10 milioni di pezzi di microplastica al giorno, mentre le megattere fino a quattro milioni di frammenti ogni giorno. Cifre allarmanti che gli scienziati rimarcano come un fattore di stress per le balene, ma anche per la stessa fauna marina. Nonostante non siano chiare le conseguenze a lungo termine, gli esperti ipotizzano che questi animali potrebbero correre gravi pericoli esistenziali legati all'ingestione delle microplastiche. Problematiche sia di tipo fisiologico che tossicologico, come suggerisce Shirel Kahane-Rapport sostenendo che l'ingestione quotidiana "Potrebbe graffiare le pareti del loro stomaco. Potrebbe essere assorbita nel flusso sanguigno o potrebbe passare tutto attraverso l’animale. Non lo sappiamo ancora".
Una situazione non certo positiva e che gli esperti continuano a monitorare in cerca di una soluzione reale, proprio per il bene di questi cetacei così grandi ma estremamente fragili. Una presenza, quella delle microplastiche, responsabile di una condizione di forte inquinamento dato proprio da questi frammenti dal formato ridotto.
Rifiuti dalle dimensioni contenute ma in grado di infiltrarsi in ogni ambiente, una minaccia per l'ambiente ma anche per l'uomo stesso. Che ne ingerisce a sua volta dei piccoli quantitativi assumendo il pesce pescato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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