Gli ambulatori a orario continuato Si va dal dottore anche all'ora di cena

Tra Milano e Varese funziona un centro d'avanguardia: medici di base e specialisti sempre a disposizione. Presto dovrà essere così in tutta Italia

Gli ambulatori a orario continuato Si va dal dottore anche all'ora di cena

Il futuro è qui, in questo angolo di Lombardia tra Milano e Varese dove perfino i medici sono piccoli imprenditori. Cerro Maggiore, via Ventimiglia 9, una palazzina gialla, la targa metallica di un Centro medico polifunzionale (Cmp). È l'embrione dell'ambulatorio di domani, quello che funzionerà a orario continuato, dalle 8 alle 24 sabati e domeniche compresi, dove si potranno prestare anche servizi sanitari oggi prerogativa di ospedali e centri di analisi. Qui, e negli altri venti centri collegati a questo tra Rho e Legnano, gran parte della rivoluzione annunciata nell'Atto di indirizzo per la medicina generale approvato il mese scorso è già realtà.

Al Cmp di Cerro Maggiore l'orario è 8-20 dal lunedì al venerdì, ma al mattino c'è sempre qualcuno presente anche prima. Un medico a turno è in ambulatorio il sabato mattina e nei prefestivi per le urgenze. Dalle 8 alle 15 un'infermiera professionale è a disposizione degli assistiti per prelievi di sangue, iniezioni, medicazioni, misurazioni della pressione, elettrocardiogrammi e altre piccole terapie.

Periodicamente vi si recano specialisti di malattie croniche per le visite di controllo: ogni mese un cardiologo e ogni 15 giorni un diabetologo in collaborazione con l'ospedale di Legnano. È in funzione un elettrocardiografo ed è disponibile l'holter pressorio per controllare 24 ore su 24 l'attività del cuore, oltre a uno spirometro per misurare i volumi polmonari, un saturimetro per rilevare l'emoglobina nel sangue e un reflettometro per l'esame della glicemia. Di recente è stato acquistato un oftalmoscopio per valutare il fondo dell'occhio, utile nella cura del diabete. E nel vicino centro a San Giorgio su Legnano i pazienti possono trovare anche un ecografo e un ecocardiografo. Ovviamente agli assistiti tutto questo non costa un euro in più. Anzi, risparmiano tempo e denaro.

Con i prelievi e gli altri monitoraggi su prenotazione in ambulatorio, per esempio, i pazienti non sono più costretti a mettersi in coda. Non intasano né le liste d'attesa né gli ospedali o i centri di analisi. Ogni mattina una quarantina di persone si reca al Cmp per un prelievo: ci pensa l'ospedale di Legnano a ritirare i campioni e consegnare i referti. Il giovedì è dedicato ai prelievi a domicilio. Infermiera, siringhe e sterilizzatori sono a carico della struttura: avevano chiesto il riconoscimento dei 2 euro concessi dalla regione ai laboratori convenzionati ma non l'hanno ottenuto.

Le visite ambulatoriali si prenotano telefonando a un call center. Le ricette di farmaci cronici possono essere domandate via mail, via fax o depositando la richiesta in una delle cassette poste all'ingresso del centro. Al muro ne è appesa una per ogni medico. E ciascuna ha un colore diverso, lo stesso che poi si ritrova accanto al nome dello specialista nella sala d'attesa e all'entrata del suo ambulatorio. «Non ci crederà - dice il dottor Claudio Restelli, uno dei fondatori e tuttora fulcro della struttura - ma l'analfabetismo non è ancora stato debellato».

Al piano terra dello stabile si trovano gli ambulatori dei medici di base e l'infermeria. Il primo piano, accanto all'ambulatorio per le visite specialistiche periodiche, è quello del pediatra, con giocattoli sparsi ovunque e le pareti tappezzate di foto, disegni, collage, ricordi delle migliaia di bambini che riempiono di vita quei locali. Nel seminterrato una sala riunioni, la stanza per la sterilizzazione e la preparazione degli strumenti, depositi per i farmaci e altro materiale sanitario. Cinque servizi igienici, tutti attrezzati per le persone disabili.

Ma come funziona una struttura del genere senza aggravi per i pazienti? E come opereranno i medici di famiglia quando sarà andata a regime la riforma prevista dall'Atto di indirizzo? Il dottor Restelli è uno dei pionieri in Italia di questo nuovo approccio all'assistenza sanitaria. «Siamo partiti nel 1999 con una dozzina di colleghi pazzoidi - racconta -. Una sera li invitai a cena e studiammo come muoverci. Ci eravamo accorti dei profondi mutamenti della medicina di famiglia legati alla crescita delle malattie croniche». Diabete, ipertensione, bronchite cronica, asma e allergie, scompensi cardiaci. «Oggi un medico di base può fare bene il suo lavoro soltanto se è organizzato. Occorre personale, infermieri, specialisti, collaborazione e multidisciplinarità. E noi decidemmo di organizzarci».

Il gruppo dei medici prese due decisioni: comprò in leasing la palazzina e fondò la cooperativa Gst. «Una coop eroga servizi che una semplice associazione tra medici non è in grado di offrire - spiega Restelli -, ha una struttura giuridica semplice, è priva di scopi di lucro e mette tutti sullo stesso piano. Siamo tutti uguali. I medici sono al tempo stesso soci e utilizzatori dei servizi, ognuno porta le sue competenze». La Gst gestisce l'immobile e tutti i servizi comuni: spese di personale, pulizie, telefono, manutenzioni, commercialista. «Noi paghiamo una quota di gestione a fine mese e poi pensiamo soltanto a fare i medici», sintetizza Restelli.

Il successo di quell'intuizione è nei numeri. Oggi i medici di base soci sono 148 con 20 centri (14 nella cintura metropolitana di Milano, cinque in Insubria e uno in Brianza) più una cinquantina di dipendenti a tempo pieno non medici tra infermieri, impiegati amministrativi e tecnici. Considerando che ogni medico assiste 1.500 mutuati, la Gst segue oltre 200mila persone. Dice Restelli: «Nel 2013 abbiamo ridotto del 14 per mille i ricoveri ospedalieri per le patologie che seguiamo da vicino. Non facciamo medicina d'attesa ma di iniziativa: i cronici li chiamiamo noi per i controlli in base al piano assistenziale predisposto».

Le discussioni sull'Atto di indirizzo devono tenere conto di questo dato. Si polemizza sul fatto che la riorganizzazione della medicina di base depotenzia la guardia medica e non può sostituire il pronto soccorso. Tuttavia l'esperienza dice che seguire in modo nuovo i pazienti alleggerisce gli ospedali e permette di gestire meglio le risorse. In Lombardia il 30 per cento della popolazione è affetto da malattie croniche ma assorbe l'80 per cento della spesa sanitaria: uno squilibrio enorme. Le patologie aumentano, i costi schizzano e la popolazione continua a invecchiare. Fra vent'anni non si potrebbe assistere più nessuno.

«Una razionalizzazione è necessaria - riconosce il dottor Claudio Restelli - e il nostro merito è di averlo capito 17 anni fa. Le guardie mediche? Con la riorganizzazione troveranno nuove opportunità».

Ma gli ambulatori diventeranno tutti dei pronto soccorso in miniatura? Il medico sorride: «È capitato che i vigili ci abbiano portato qualcuno che si era fatto male al mercato qui vicino perché l'infermiera può fare medicazioni, ma non gestiamo le emergenze. Comunque se una persona sta male qui c'è sempre qualcuno».

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